JINJER – Duél

Pubblicato il 03/02/2025 da
voto
7.0
  • Band: JINJER
  • Durata: 00:41:48
  • Disponibile dal: 07/02/2025
  • Etichetta:
  • Napalm Records

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Anche se ai più giovani il suo nome dirà poco, l’astista ucraino Sergey Bubka (sebbene all’epoca gareggiasse coi vessilli dell’Unione Sovietica) è stato il primo ad abbattare il muro dei sei metri nel salto con l’asta, ritoccando per ben trentacinque volte negli anni Ottanta/Novanta il record mondiale della specialità.
Ecco, allo stesso modo i Jinjer nell’ultimo decennio hanno portato alla ribalta il nome del Donetsk, la loro terra d’origine (assurta poi agli onori delle cronache per le note vicende belliche), alzando l’asticella a partire dal singolo spacca-internet “Pisces” e passando per le successive contaminazioni, dal reggae al jazz, di “Micro” e “Macro”. Se “Wallflowers” rappresentava incvece un ottimo modo di tirare una riga impostando le coordinate del sound Jinjer su un solido mix di progressive, groove, djent e -core, allo stesso modo possiamo dire che “Duél” consolida la formula del suo predecessore, lavorando di cesello pur senza introdurre particolari novità all’interno di una trademark sonoro ormai immediatamente riconoscibile.
Fin dall’iniziale “Tantrum” assistiamo dunque al consueto assalto alla baionetta, con le mitragliate poliritmiche del batterista Vlad (principale compositore) intrecciate a doppio filo con il basso a cinque corde di Eugene e la chitarra di Roman, mentre Tatiana come sempre ruba la scena con i suoi saliscendi dallo scream al pulito, pur in assenza di un vero e proprio ritornello.
Le tempistiche dilatate di lavorazione dell’album – le cui prime demo risalgono a quasi quattro anni fa – hanno portato ad una maggior cura generale ed una lavorazione certosina di ogni dettaglio con il fido produttore Max Morton, ma l’approccio di fondo resta quello di una complessità essenziale: voce, chitarra, basso e batteria per un progressive groove privo di effetti speciali e senza troppe sovraincisioni.
In alcuni casi l’approccio più diretto si traduce in un uso preponderante dello scream con un senso di urgenza palpabile (“Rogue”, “Fast Draw” con le sue ritmiche quasi hardcore), mentre brani più ricchi di atmosfera come “Tumbleweed”, “Green Serpent” o “Someone’s Daughter” sono cuciti su misura intorno alla timbrica pulita di Tatiana, spirito guida che ci accompagna per mano sulle montagne ucraine tratteggiate sul pentagramma dai tre strumentisti; nel mezzo, da segnalare l’aggressione melodica della title-track o il doppio ritorto ritmico di “Kafka”, anche se, pur in presenza di una qualità media sempre buona, manca un elemento di spicco in grado di alzare ulteriormente l’asticella di cui sopra.
Il rischio, soprattutto a fronte di un ascolto distratto, è quello di non cogliere le sfumature percependo un’eccessiva omogeneità tra i pezzi in scaletta, ma una volta entrati in connessione con l’universo Jinjer è difficile non farsi trascinare dalla botta di energia anche se non si è cresciuti a pane e prog.
Parafrasando “Rocky IV”, aspettiamo ora il ritorno dei canadesi Spiritbox per decretare il vincitore tra il blocco occidentale e l’ex repubblica sovietica; nel frattempo, possiamo dire che il precedente “Wallflowers” resta una spanna sopra a “Duél”.

 

TRACKLIST

  1. Tantrum
  2. Hedonist
  3. Rogue
  4. Tumbleweed
  5. Green Serpent
  6. Kafka
  7. Dark Bile
  8. Fast Draw
  9. Someone’s Daughter
  10. A Tongue So Sly
  11. Duél
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