6.5
- Band: JOE SATRIANI
- Durata: 00:48:37
- Disponibile dal: 24/07/2015
- Etichetta:
- Sony
- Distributore: Sony
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Quando si scrivono recensioni da tanto tempo ci si rende conto che alcune parti del proprio lavoro alle volte sono un po’… superflue e, se non proprio tali, in ogni caso lasciano il tempo che trovano. In questo caso stiamo parlando soprattutto del voto finale, quelle curiose due cifre separate da virgola che si trovano in fondo alla recensione. Come si può, infatti, dare un voto ad un nuovo lavoro di Satriani? Basare una recensione sulla qualità del suonato o improntarla sull’analisi della tecnica chitarristica non dà in effetti molto valore aggiunto a voi lettori. A meno che il Parkinson o qualche altra malattia degenerativa non colpisca il maestro della sei corde, oramai da dire sotto questi aspetti non ci rimane niente. Satriani non può rimbecillirsi da un momento all’altro o disimparare a suonare, quindi dal punto di vista meramente esecutivo non ci rimarrebbe che certificare un bel 10 e mandare tutti a casa. Per fortuna però c’è anche l’altro lato della medaglia, quell’aspetto legato alle composizioni, che rimane sicuramente più interessante da analizzare. Questo lungo preambolo per dirvi che quel 6.5 che vedete in fondo alla pagine non testimonia un album con una scarsa tecnica, poco orecchiabile o suonato in maniera solo sufficiente. Su “Shockwave Supernova” indubbiamente si eccelle. Però dobbiamo anche ammettere che dal punto di vista compositivo “Shockwave Supernova” non esagera. Non colpisce, insomma, sperimenta poco – forse non proprio poco ma comunque meno di quanto ci fossimo aspettati – ma rimane indubbiamente un album collocato decisamente dentro quei confini tracciati dalle sue stesse uscite dal 2006 in poi. Una sorta di prosecuzione di “Momentum”, insomma, in cui però l’artista è riuscito anche stavolta a lasciare spazio alla propria creatività in fase solista donandoci una serie di evoluzioni forse meno funamboliche e mozzafiato del solito ma che fanno battere più di un paio di palmi lo stesso. Il disco rimane così costituto da una serie di pezzi ovviamente tutti strumentali ma comunque solidi ed efficaci, suonati con la consueta perizia, interessanti sotto il punto di vista delle melodie intessute, in cui ogni membro coinvolto da il massimo. Godiamo quindi, piuttosto che di una ricchezza compositiva, qui un po’ smorzata, dell’emozionalità dei passaggi più meditativi di Satriani e di prestazioni spettacolari anche da parte dei sodali Marco Minneman e Mike Keneally che più di ogni altra volta dipingono la perfetta base sonora per un po’ meno istrionico protagonismo di Joe. Lo ripetiamo, anche se nessun passaggio qui fa veramente ‘i buchi per terra’ (a parte forse la bellissima “On Peregrine Wings”, da applausi a scena aperta) possiamo riconoscere a Satriani un altro centro, e vi segnaliamo quindi un altro disco ben riuscito, sicuramente degno di stare all’interno di una carriera che a poco a poco sta diventando davvero lunga.