JORDAN RUDESS – Wired For Madness

Pubblicato il 26/04/2019 da
voto
6.0
  • Band: JORDAN RUDESS
  • Durata: 01:04:02
  • Disponibile dal: 19/04/2019
  • Etichetta:
  • Mascot Records
  • Distributore: Edel

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Dopo aver parlato per diverso tempo, con toni anche piuttosto entusiasti e piacevolmente convinti, della nuova fatica ad opera della progressive metal band per antonomasia, oggi vogliamo dedicare una parentesi all’uomo cui si deve una buona parte dei peculiari inserti atipici, necessari per confezionare un buon prodotto progressive di un certo tipo, contenuti in ogni album dei Dream Theater uscito negli ultimi vent’anni. Il controverso tastierista Jordan Rudess, infatti, è stato capace di farsi amare, e nel contempo odiare, per via del suo stile particolarmente variegato e cervellotico, ricco di richiami caratterizzati da un sapore che molti ascoltatori etichetterebbero quasi come di stampo ‘New Age’. Va quindi da sé che il suo ennesimo e, forse, non poi così necessario, lavoro solista debba necessariamente racchiudere una summa di tutti quegli elementi che hanno reso peculiare, nel bene e nel male, lo stile del noto musicista statunitense.
Neanche il tempo di pensarlo, che veniamo immediatamente introdotti nella lunghissima titletrack di questo nuovo “Wired For Madness”, prontamente divisa in due parti, di cui una della durata di quasi dodici minuti, e l’altra (tenetevi forte!) di circa il doppio. Una scelta strutturale tanto particolare, quanto discutibile: non sono infatti molti gli ascoltatori che si mostrerebbero interessati a un album che richiede oltre trentatré minuti per ingranare anche solo la prima marcia, considerando la natura compositiva decisamente prolissa ed eccessivamente carica di inserti fini a se stessi dei brani in questione, che alla fine della fiera si presentano quasi come una sorta di enorme intro a base di masturbazioni di tastiera e cambi di direzione anche troppo improvvisi e, francamente, abbastanza noiosi. Fortunatamente dalla successiva e lenta “Off The Ground” la situazione si normalizza, trattandosi di una prog-ballad abbastanza tradizionale e piacevole, con anche qualche spunto toccante che non guasta. Tuttavia, i buoni propositi vanno a stravolgersi già solo con l’inizio di “Drop Twist”, che andrebbe bene come tema principale di un videogioco colorato in due dimensioni come quelli che si possono trovare oggi negli store delle varie console o pc: modernizzati, ma comunque vecchia scuola nel loro stile; in breve, una soundtrack divertente, ma pur sempre una colonna sonora, non di certo un brano. Dopo l’anonima “Perpetual Shine”, possiamo dire di essere rimasti sorpresi con la bizzarra “Just Cam’t Win”, il cui sound al limite del jazzistico e del fusion, degno di un’esibizione al Blue Note di Milano, potrebbe davvero incontrare i gusti di una determinata nicchia di potenziali estimatori. Con “Just For Today” il discorso si riavvicina a quanto detto per la ballad precedente, trattandosi di un brano fondamentalmente molto simile, anche se leggermente meno convincente ed incisivo; il tutto, prima di immergerci ancora di più nell’atmosfera al limite del fusion/jazz con una conclusiva “Why I Dream” che si potrebbe etichettare come una sequela di virtuosismi anche piacevoli, ma tutto sommato anche abbastanza dimenticabili, soprattutto se si è degli ascoltatori alla ricerca di un prodotto almeno in parte vicino a quanto fatto da Jordan nei Dream Theater.
Giunti a questo punto, l’elemento più succoso del disco, di cui ancora non abbiamo parlato, è la presenza di un numero incredibile di virtuosi qui in veste di ospiti, provenienti da svariati angoli della musica mondiale: si passa dall’immancabile John Petrucci e James LaBrie, passando per i mostruosi Guthrie Govan e Vinnie Moore, fino ad arrivare addirittura a gente del calibro di Joe Bonamassa, Marco Minnemann, Jonas Reingold e moltissimi altri; ognuno chiaramente provvisto del proprio bagaglio di capacità assolutamente fuori dall’ordinario, ma chiaramente non sufficienti a dotare l’album di una spinta in più a livello di ispirazione e songwriting.
Poco altro da dire su questo “Wired For Madness”, che alla fine porta a casa un punteggio sufficiente grazie a un’esecuzione generale che solo un incompetente potrebbe bocciare, considerando i talenti di cui stiamo parlando; tuttavia, è altrettanto vero che un album è fatto anche di canzoni e di momenti memorabili, in grado di dare una valida motivazione a qualunque acquirente per inserire nuovamente il disco nel lettore. A nostro modesto parere, qui c’è abbastanza poco per cui voler riascoltare il prodotto nella sua interezza, preferendo piuttosto soffermarsi su quei momenti isolati di goduria musicale, che in ogni caso non siamo certi possano giustificarne l’acquisto fino in fondo.

TRACKLIST

  1. Wired For Madness Pt. 1
  2. Wired For Madness Pt. 2
  3. Off The Ground
  4. Drop Twist
  5. Perpetual Shine
  6. Just Can't Win
  7. Just For Today
  8. Why I Dream
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