voto
8.5
8.5
- Band: JUDAS PRIEST
- Durata: 00:39:43
- Disponibile dal: 04/01/1984
- Etichetta:
- Sony
- Distributore: Sony
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Un titolo che è un programma, anzi un vero e proprio manifesto, dato che pochissime band possono fregiarsi del titolo di “Difensori della Fede”quanto i Judas Priest. Rob Halford e soci sono stati assieme a IronMaiden e Metallica dei simboli, tanto dal punto di vista musicale,quanto da quello puramente estetico, di cosa significasse l’heavy metalnegli anni ‘80. Dopo i primi cinque studio album, arrivarono i primiconcreti risultati di vendite con il live “Unleashed in the East” (peralcuni “Unleashed In The Studio”) del 1979 che li tramutò in vere eproprie icone. Il nuovo decennio iniziò con lo strepitoso “BritishSteel” che compì il miracolo di trasformare l’acciaio prima in oro e poi in platino, mentre i due dischi successivi “Point Of Entry” e,soprattutto, “Screaming For Vengeance” cementarono la loro fama di“Metal Gods”. “Defenders Of The Faith” rappresentò lo zenith artisticodi una band fino a quel momento in continua ascesa e concluse idealmente la prima parte della loro carriera. L’eccellenza fu raggiunta permerito di una band coesa e lontana dalla plastificazione del suono cheavremmo avuto col successivo “Turbo”, nonché di un abile produttore come Tom Allom, capace di cogliere e sfruttare le variegate sfumature delsound. Il riff supersonico di “Freewheel Burning” ci trasporta in uncataclisma sonoro composto da ritmiche al cardiopalma, condite da twinbreak stupefacenti sia per precisione che per qualità di esecuzione. Sututto svettano le vocals di Rob Halford al top della forma. “Jawbreaker” riesce addirittura a bissare il precedente episodio, grazie adun’architettura ritmica più varia che fonde l’egregio riffing di Tipton e Downing a metriche vocali più articolate. “Rock Hard Ride Free” allenta la tensione accumulata muovendosi su lidi forse più commerciali, alpunto da sembrare un antipasto di quanto sarebbe stato realizzato con il successivo disco. Un crescendo epico di chitarre fa da preludio a “TheSentinel”, altro pezzo da novanta che si sviluppa su coordinate sonoreeterogenee, imperniate su un continuo alternarsi di parti chitarristiche più composte seguite da riff al fulmicotone. Impossibile non menzionare la superba interpretazione di Halford che si contende lo scettro di“Metal God” con Bruce Dickinson. Una cupa intro ci trascinanell’episodio più atipico del platter: “Love Bites”, brano futuristicodall’incedere sincopato a metà tra un anthem da arena rock eun’ipotetica colonna sonora di un film di fantascienza. I Priest tornano a schiacciare il piede sull’acceleratore con l’adrenalinico uptempo“Eat Me Alive”, altra testimonianza della indiscutibile capacità dellaband di comporre pezzi veloci, potenti e tecnicamente ineccepibili,risultando al contempo accattivanti. Il noto songwriter Bob Halligan Jr. che già aveva scritto per la band “(Take These) Chains” presente in“Screaming For Vengeance”, contribuisce a scolpire la presente “SomeHeads Are Gonna Roll”, uno splendido esempio di classe compositiva alservizio delle tipiche trame heavy, orientate in questo caso versosentieri più catchy. La crepuscolare “Night Comes Down” vive suatmosfere notturne che sfociano in un chorus profondamente emozionale,nel quale Halford riesce a lasciare il segno, sebbene si muova suterreni meno battuti dalla sua ugola. L’accoppiata finale “Heavy Duty” e “Defenders Of The Faith” (due canzoni che in sostanza si fondono inun’unica traccia) è una marcia trionfale costruita come perfetto epilogo dal sapore epico, composta appositamente per essere intonata dallemigliaia di fan durante i concerti. In conclusione riportiamo le parolecontenute sul retro della copertina dell’album che testimoniano lospirito dell’epoca: “Rising from darkness where hell hath no mercy andthe screams for vengeance echo on forever. Only those who keep the faith shall escape the wrath of the Metallian… Master of all metal!”.
Si ringrazia Diego “Dr.Zed” Zorloni per la fattiva collaborazione.