6.0
- Band: JUNIUS
- Durata: 00:42:07
- Disponibile dal: 25/10/2011
- Etichetta:
- Prosthetic Records
- Distributore: Audioglobe
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Si rimettono in gioco i Junius, a due anni di distanza dal debutto “The Martyrdom Of A Catastrophist” e a poche settimane dallo split con gli ex compagni d’etichetta Rosetta. Dopo una partenza non troppo emozionante ci aspettiamo uno scossone da questa band d’oltreoceano, dall’indubbio talento musicale ma dalla personalità scarseggiante, almeno per quanto visto fino ad ora. “Reports From The Threshold Of Death”, purtroppo, non riesce nell’intento, presentando – per la seconda volta – una massiccia dose di musica narcotica e dalle continue progressioni di accordi oceanici, linee di basso pulsanti e tastiere ipnotiche a completare questa dolce ninna nanna post-rock. Vengono evocati spesso i My Blood Valentine per atmosfere e testi, Chino Moreno dei Deftones per affinità vocali con il singer, due somiglianze che si fermano solo ad essere, appunto, dei semplici rimandi, senza arrivare a possedere quelle caratterizzazioni musicali che hanno fatto la fortuna delle due formazioni. Nonostante la logica delle composizioni sia buona, il difetto principale dei Junius è quello di voler fossilizzarsi, a tutti i costi, su una formula melanconica e puramente commovente, dando a tutti i pezzi quella sensazione d’esperienza pre-morte riscontrabile sia nei testi che nel cantato tormentato di Joseph; una scelta che riesce a reggere per una manciata di pezzi ma che, con il passare dei minuti, sia fa via via sempre più pesante e difficile da metabolizzare senza lanciare qualche sbadiglio. Cori da chiesa e atmosfere spiritiche non aiutano di certo la resa finale di “Reports From The Threshold Of Death”, il quale, mostra i suoi lati positivi là dove cessa l’ultimo respiro e ci si immerge nel buio eterno. Gli episodi più cupi, in questo caso, si rivelano i veri punti forti dell’operato dei quattro di Boston, vale a dire pezzi come “Betray The Grave” o la doppietta posta in chiusura, dove le chitarre si fanno onnipresenti e il mood oscuro della band ha l’opportunità di esplodere liberamente. Non un brutto lavoro, dunque. Tuttavia, il gruppo, che paga inesperienza e testardaggine, ha ancora molto da lavorare sulla personalità e sul coinvolgimento delle propri composizioni. Per ora ci limitiamo ad un’onesta sufficienza, in attesa di poter sentire qualcosa di veramente interessante.