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- Band: KATAFALK
- Durata:
- Disponibile dal: //2003
“Storm Of The Horde”: ovvero l’opera prima di questo quintetto olandese, attivo dal 1995 ma pronto solo ora per il debutto ufficiale sulla label di Sattler, dopo un tour di supporto proprio ai suoi God Dethroned ed un cd di tre tracce che, con le sue 800 copie vendute, ha decretato una crescente notorietà nell’underground nazionale. Ovviando senza timore alle pur scarse nozioni biografiche, e glissando altrettanto rapidamente qualsivoglia lecchinaggio perditempo, ci permettiamo di apprezzare le qualità dei Katafalk esclusivamente in funzione di una natura che, nella pervicace e resistente adesione ad un apertamente dichiarato manierismo, è tale per indole ed inclinazione, e non potrebbe mai e poi mai essere altrimenti – “per scelta e per forza”, direbbe qualcuno. I Katafalk sono, infatti, l’ennesima band di musica metal estrema che suona ad arte la propria filastrocca eseguendo, senza permettersi alcun stravolgimento, il già collaudato copione riuscendo a dilettare e compiacere perfino il VUS (Vostro Umile Scrivano, in questo caso il sottoscritto), ma che, da un punto di vista puramente estetico, si stanzia su di un livello assolutamente mediocre ed ininfluente per la sopravvivenza del genere oggi e tanto più domani. Ci sarebbe molto da dire per ciascuno dei tredici episodi qui presenti, tanti e quali sono i richiami o citazioni facilmente recuperabili tra un beat-blasting e l’altro, a partire dal death metal statunitense, passando per il black/thrash europeo ottantiano ed una matrice più palesemente olandese ereditata da Centurian e Sinister in primis, fino ad arrivare ad un tocco melodico che, seppur ravvisabile in momenti decisamente circoscritti, costituisce uno dei punti di forza del songwriting della band. Preferiamo però semplificarvi anche quest’aspetto del lavoro numero uno di questi cinque olandesi, trasferendo la vostra riflessione su come e perché stia diventando sempre più impossibile muoversi in territori estremi con questo tipo di restrizioni concettuali, e l’impossibilità di attingere altrove. La stagnazione è, purtroppo, fin troppo evidente anche quando, come nel caso dei bravissimi (sottolineo: bravissimi) Katafalk, si riesce ad assemblare un disco didatticamente perfetto, capace anche di ‘emozionare’ a tratti, ma vuoto e mortificante sul piano artistico. D’altra parte, se a chi compra i dischi va bene così, perché cambiare?