7.5
- Band: KATAKLYSM
- Durata: 00:38:32
- Disponibile dal: 08/03/2004
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Audioglobe
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“This is the life we chose, the life we lead, and there’s only one garanteed, none of us will see heaven”. Inizia con questa frase apocalittica il settimo capitolo discografico dei canadesi Kataklysm; poche parole declamate che potremmo considerare come il manifesto degli intenti che animano il nuovo “Serenity In Fire”, propositi senza dubbio distruttivi. Questo lavoro è il successore dell’ottimo “Shadows & Dust”, disco che nel 2002 aveva consacrato meritatamente i nostri all’Olimpo della musica estrema, grazie a maturità e freschezza in sede compositiva, capaci di bilanciare perfettamente il trademark death-brutal presente sin dagli esordi a soluzioni melodiche di effetto. Dunque in quest’ottica appare ancora più cruciale il ruolo di “Serenity In Fire”, chiamato, se non a bissare, almeno a continuare il successo precedentemente ottenuto a suon di miglioramenti. Un pugno di dieci canzoni per poco meno di quaranta minuti di musica, come producer sempre il chitarrista Jean Francois Dagenais, già al servizio di Misery Index e Malevolent Creation in questo ruolo: ecco gli estremi dell’ultimo nato. I Kataklysm si dimostrano all’altezza del banco di prova, sfoderando un album onestissimo sia a livello attitudinale che a livello di ispirazione, ricco, vario e non banale. “Serenity In Fire” trova le sue fondamenta in componimenti densi di cambi e di influenze stilistiche, ma allo stesso tempo molto diretti e d’impatto, forse più di quelli presenti su “Shadows & Dust”. La maturità strutturale è però sempre ben presente, accompagnata da un istinto per l’aggressione sonora che esplode dal principio di ogni song, per poi magari trasformarsi senza mai diventare un calo interlocutorio. Chi ha visto la band di Maurizio Iacono esibirsi on-stage non può non pensare a quanto perfetta possa essere la dimensione live anche per questo “Serenity In Fire”, popolato com’è di assalti e di risoluzioni sempre dinamiche e coinvolgenti, da headbanging sfrenato. Già, perché la forza dei Kataklysm risiede a tutt’oggi nella capacità di creare un sound mai troppo monolitico, nel talento della “variazione su tema estremo”. Troviamo di tutto nel corso dell’ascolto: death metal di scuola U.S.A., echi dei Morbid Angel più lenti e cupi, rasoiate thrash omaggianti i numi tutelari Slayer, inflessioni death di matrice svedese che rimandano per velocità e melodia ai grandissimi At The Gates e Hypocrisy ma anche ai Carcass del secondo periodo. Il risultato è poi brutalizzato a dovere, in classico stile Kataklysm, da un drumming granitico (poteva esserlo forse di più in fase di definizione dei suoni); chitarre massicce, compatte ed esplosive; alternanze tra growling ottimi e possenti e screaming non sempre esaltanti. Una delle tracce migliori del lotto, “For All Our Sins”, si fregia nientemeno che degli scream malatissimi di Peter Tagtgren, innestati su un riffing serratissimo puramente swedish. Il successo delle mescolanze sopra citate è evidente anche in track quali “The Resurrected”, componimento dall’incedere furioso, che si sposa a ritmiche di cupa violenza davvero coinvolgenti. Nella title-track è evidente il lavoro continuo affidato alle chitarre, che non perdono mai un colpo, qui inserite nelle asperità di mid-tempo che si mutano in fluidità compulsive. Notevoli “The Tragedy I Preach” e “Under the Bleeding Sun”, fatte di melodie apocalittiche che si disgregano su muri di brutalità feroce. Insomma, i Kataklysm sono tornati sulla scena con coerenza stilistica, con un album la cui soglia qualitativa è sicuramente molto buona, con violenza ed impatto ben studiati e ben arricchiti di dinamismi, mai fine a se stessi. Che altro dirvi, se non augurarvi di provare se ci sia piacere nel bruciare all’inferno? La band canadese è convinta di sì! Caldeggio l’ascolto, anche perché non è da tutti riuscire ad evolvere le proprie radici death-brutal ottenendo un pari, selvaggio coinvolgimento. Gruppo generoso.