8.0
- Band: KATATONIA
- Durata: 01:07:22
- Disponibile dal: 05/20/2016
- Etichetta:
- Peaceville
- Distributore: Audioglobe
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Dopo aver ridefinito il loro stile con album quali “Viva Emptiness” e “The Great Cold Distance”, i Katatonia sembravano destinati ad una carriera priva di ulteriori scossoni. I successivi “Night Is The New Day” e “Dead End Kings”, pur arricchendo gli arrangiamenti, avevano infatti visto attenuarsi l’audacia del songwriting della band; a differenza dei dischi immediatamente precedenti, entrambi avevano virato su canzoni più comuni dal punto di vista compositivo, ben bilanciate però da un ottimo lavoro in studio, che appunto valorizzava una maggior presenza di elettronica e degli interventi di tastiera decisamente più pieni (elementi poi definitivamente celebrati con il coraggioso esperimento semi-acustico “Dethroned & Uncrowned”). Come già anticipato nel nostro track by track di alcune settimane fa, buona parte di “The Fall Of Hearts” segna invece un nuovo balzo in avanti nel linguaggio della band, che esce dal limbo in cui aveva prosperato nell’ultimo decennio per accettare nuove sfide. Le dodici tracce del disco sono il punto d’incontro tra la classica sensibilità atmosferica di marca Katatonia – garantita come al solito dalla soave voce di Jonas Renkse e dalla ormai immancabile punteggiatura di tastiera e chitarre acustiche – e una inedita vena prog a livello strutturale, che dà vita a composizioni dal minutaggio consistente e dallo sviluppo imprevedibile. Sovente in questo campo l’abbandono della semplicità coincide con un netto indebolimento della carica emotiva della proposta, ma gli svedesi sembrano non voler aderire a questa ricorrenza; il suono nel complesso è tecnico e ricco di sbalzi ritmici, ma “The Fall Of Hearts” non rinuncia alle consuete dolci ninnananne dream-pop, malinconiche e accoglienti allo stesso tempo. Semplicemente, quando oggi i Katatonia decidono di fermarsi a riflettere, lo fanno sciogliendosi del tutto, denotando una delicatezza disarmante e rispecchiando una classe compositiva rara; quando invece il quintetto opta per un’impostazione più briosa e mordace, dalle trame emergono insolite derive progressive e una genuina urgenza metal, tanto che a tratti la formula può persino arrivare a ricordare i penultimi Opeth. Senza dubbio, servono ascolti attenti e completi per comprendere pienamente l’estensione di questo album, che con i suoi sessantasette minuti è di gran lunga l’opera più strutturata e corposa della storia del gruppo. Tuttavia, a conti fatti, impressiona favorevolmente il modo in cui i Katatonia hanno deciso di rinnovarsi, evitando da un lato di intaccare la loro trasognata purezza – vero carattere dominante della loro recente tradizione – ma, dall’altro, sfruttando al meglio le risorse messe a disposizione dal nuovo batterista Daniel Moilanen, per un risultato finale che profuma di maturità e di una padronanza dei mezzi e delle influenze millimetrica.