7.5
- Band: KAYO DOT
- Durata: 00:30:36
- Disponibile dal: 03/01/2012
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C’è la bellissima e ammaliante carezza della neo-classica e iniziale “Lethe”, e il paradiso free-jazz, quasi “lounge” o soul, della title-track alla fine, che chiude il disco. Ma tutto ciò che c’è in mezzo è follia pura. Un oblio avant-metal/post-tutto che solo un pazzoide visionario come Toby Driver poteva concepire. I Kayo Dot sono una delle band più visionarie e “libere” che abbiano mai popolato il panorama del post-metal e del cosiddetto avantgarde metal, e con questo nuovo “Gamma Knife” non fanno altro che riconfermare questo loro cult status con veemenza spiazzante. Partiti come band doom metal contaminatissima con il capolavoro totale “Choirs Of The Eye”, uscito sotto la stretta sorveglianza di John Zorn e della sua Tzadik, la band ha presto abbandonato l’orbita del post-doom dei Mare, degli Yakuza, dei The Ocean e affini, e si è lanciata nello spazio più profondo ad esplorare fino in fondo la propria dimestichezza con la musica neo-classica, il free-jazz e la composizione a metro libero. Sono seguiti l’astrattissimo “Dowsing Anemone With Copper Tongue” e il tentennante “Blue Lambency Downward”, uscito per la HydraHead di Aaron Turner degli Isis. Il successivo e strabiliante “Coyote”, sempre su HydraHead, ci aveva sorpreso non poco, con il suo piglio “rock” e progressivo che sembrava mostrare il desiderio nei Kayo Dot di tornare sul pianeta terra del metal suonato, dopo anni passati a vagare nell’immensità di uno spazio completamente votato alla sperimentazione. Ebbene, questo nuovo “Gamma Knife”, completamente autoprodotto e pubblicato indipendentemente dalla band stessa – per ora solo in formato digitale e ascoltabile nella sua interezza sulla loro pagina Bandcamp – in parte riconferma questo precedentemente accennato ritorno in orbita, ma non rinuncia certo neanche a stupirci per l’ennesima volta con la solita proposta di Driver e Mia Matsumiya, ancora una volta intenti a lasciar libero sfogo alle loro menti uniche e inafferrabili. “Gamma Knife” ci ripropone un Driver che a distanza di anni fa nuovamente delle voci urlate e gutturali la sua arma di scelta sulla maggior parte del disco, ma invece che contro il proverbiale muro di chitarroni sludge, queste stavolta si ritrovano aggrovigliate in un plasma di ottoni e archi di un sinistro che fa rabbrividire, e a galleggiare in un mare di cavalcate prog surreali a metà strada tra i Masada di John Zorn, appunto, e certi momenti deliranti dei King Crimson di metà anni Ottanta o dei Van Der Graaf Generator più astratti. Le atmosfere in certi passaggi del disco si incupisco a tal punto, e le improvvisazioni si fanno così istintuali e viscerali, che i concetti stessi di free-jazz e composizione neo-classica vengono sfigurate a tal punto da evocare lo spettro – impensabile in un mondo simile – addirittura del black metal; e la delirante “Ocellated God” ne è la prova inconfutabile. Diciamo che, ovviamente a modo loro, con “Gamma Knife” i Kayo Dot hanno forse ritrovato la via “pesante” e che stanno forse riscoprendo le loro origini metal, approcciando il soggetto da un prospettiva del tutto nuova, come d’altronde ci si aspetta da dei musicisti così tremendamente proiettati avanti verso l’ignoto più totale. I Kayo Dot comunque sono e saranno sempre la band responsabile di avere fatto scoprire al mondo, tramite il doom metal e il post-metal, il cosidetto avantgarde-metal e “Gamma Knife” non fa altro che riconfermare questo loro status di pionieri assoluti. Ennesimo capitolo esaltante.