7.5
- Band: KHÔRADA
- Durata: 55:50
- Disponibile dal: 20/07/2018
- Etichetta:
- Prophecy Productions
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
“I’ll sit at your side / and watch / shoals swim underneath / leading us /to reefs time forgot” (“Wave State”)
Dalle ceneri degli Agalloch e dei Giant Squid emergono i Khôrada, una nuova super formazione che integra Don Anderson, Jason Walton e Aesop Dekker con il chitarrista e cantante John Gregory. Il risultato è un’opera piena di stratificazioni, che segue un certo filone primo-mastodoniano (“Leviathan”), fatto di interazioni narrative e atmosferiche con pattern progressive e suoni sludge, offrendosi come controparte (meno agallochiana) al progetto Pillorian. La piacevolezza dell’ascolto è però dettata da un gusto intimo e riflessivo che emerge spesso nel corso di “Salt”, come alla fine della prima “Edeste”, esemplificandosi bene nella bellissima copertina del pittore e sculture Cedric Wentworth. “Season Of Salt” presenta il lato più diretto – e talvolta più affascinante – del nuovo progetto: i pattern degli Agalloch non riecheggiano in tutta la loro spietatezza, ma restano capaci delle grandi evocazioni atmosferiche che con la profondità vocale di Gregory (altalenante di tonalità in un efficace modo malinconico e oscuro) offrono al lavoro una dose di personalità che riesce a farlo emergere dai medesimi cloni di genere, oltre che di se stessi. “Salt” è un buon viaggio oceanico, che si presta a suadenti riflessioni, psichedeliche e aggressive, tamponando le ferite lasciate aperte dalle band dalle cui ceneri nasce il progetto Khôrada. Arrivare a “Ossify” è infatti un percorso arduo, di difficile assimilazione immediata, proprio in virtù del fatto che quanto messo in pista dagli americani non è per nulla scontato e prevedibile, e neppure così diretto come molti dei momenti del disco sembrino suggerire. Il brano finale è infatti un mantra di progressioni vintage, rabbia agallochiana, trip giantsquidiani, reminescente Tiamat, rocamboleschi inseguimenti (Jason Walton resta uno dei protagonisti assoluti del disco), aperture prog/post-rock. Una formazione che funziona, un progetto che si presenta in tutte le sue potenzialità e proprio in virtù di questo, lascia ancora l’acquolina in bocca per quanto esso possa portare a dire alla scena post-metal in generale. “Salt” resta un territorio di cui si consiglia l’esplorazione in tutto e per tutto, e la cui bellezza progredisce ad ogni ascolto.