KILLIN’ BAUDELAIRE – Vertical Horizon

Pubblicato il 21/03/2020 da
voto
6.0
  • Band: KILLIN' BAUDELAIRE
  • Durata: 00:50:30
  • Disponibile dal: 06/03/2020
  • Etichetta:
  • Bagana Records

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“Chissà cosa ne penserebbe il vecchio Charles”. Per quanto possa sembrare paradossale, è questo il primo pensiero che ci gira nel cervello durante l’ascolto del debutto delle Killin’ Baudelaire: non tanto per gli istinti omicidi della band nei confronti del poeta transalpino (sic!), quanto per l’essere associato ad un act che, come noto a chi frequenta queste pagine, ha un engagement rate pari a quello di Tool o Metallica, se pur con razionali diversi. Detto che dell’aspetto estetico ci interessa in questa sede il giusto – pur riconoscendo che sono quattro belle ragazze e, com’è naturale che sia, valorizzano la propria immagine nelle foto promozionali, parliamo dunque di come suona “Vertical Horizon”, debutto per il quartetto al femminile sotto l’ala protettrice della Bagana Records. Come noto ormai ai più, il genere di riferimento è un alternative/nu metal, e ciò farebbe immediatamente pensare ad una versione nostrana delle Kittie con vent’anni di ritardo, ma ancora una volta sarebbe un giudizio superficiale, se pur con un fondo di verità. Partendo dalle note positive, diciamo subito che pezzi come “Lullaby” e “(Ex)Ecute”, pur senza inventare nulla, sono dotate di un buon tiro (grazie anche della presenza in cabina di regia di Titta Morganti, veterano del genere con i Mellowtoy) e mettono in mostra un bel lavoro ritmico, con una particolare nota di merito per la batterista Elisa ‘Helly’ Montin (sorta di Travis Barker per come riesce a suonare un ‘pezzo nel pezzo’ grazie a dei pattern ritmici mai banali). Di contro, la principale perplessità per chi scrive è data dalla voce di Martina ‘Cleo’ Ungarelli (già batterista della band), non tanto sullo scream o sulle parti più rappate, quanto paradossalmente sulla timbrica in pulito; non è un caso che l’episodio più debole del lotto sia proprio la ballad “Building Ends”, seguita a ruota dalla titletrack: senza l’energia elettrica (o col distorsore al minimo), manca il calore necessario a sostenere il pezzo. Tornando alla tracklist, è apprezzabile la volontà del quartetto di includere diverse sfumature, anche se un minutaggio minore avrebbe probabilmente giovato. Nello specifico, pollice alzato per le influenze electro di “Later/Hater”, così come per le atmosfere anni ’90 di “Still Burning”, “Leader=Deceiver” (la più funky del lotto, con un discreto flow) e “Blind Fate”, mentre il primo singolo “Don’t Give a F**k” suona fin troppo telefonato a partire dal titolo; un paio di altri brani (“S.T.A.Y.”, “Shoot”) passano pressoché inosservati, a conferma di come la loro dimensione ideale sia più quella nu/in your face che quella rock (intima o festaiola che sia). Insomma, luci e ombre si sommano in un’alba discografica in chiaroscuro, come è abbastanza normale per un album di debutto, anche se siamo ragionevolmente certi che l’energia sprigionata dal vivo darà una marcia in più ai pezzi. Lasciamo stare i poeti maledetti, ma se il riferimento sono i cantori del disagio di fine anni ’90 e il soffitto di cristallo (l’orizzonte verticale del titolo?), la direzione è quella giusta.

TRACKLIST

  1. Lullaby
  2. (Ex)ecute
  3. Don’t Give a F**k
  4. Tearing All Your Words Down
  5. Building Ends
  6. The Mongrel
  7. Later / Hater
  8. Stay
  9. Still burning
  10. Leader = Deceiver
  11. Blind Fate
  12. Shoot
  13. Vertical Horizon
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