KILLING JOKE – Absolute Dissent

Pubblicato il 19/09/2010 da
voto
8.5
  • Band: KILLING JOKE
  • Durata: 01:04:01
  • Disponibile dal: 27/09/2010
  • Etichetta:
  • Spinefarm

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“Absolute Dissent” è un disco a tratti stupefacente, per come non manchi nulla delle variegate influenze dei Killing Joke, né della combattiva rabbia degli inizi. Al tempo stesso, certo, è un disco a tratti eterogeneo, ma chiunque abbia apprezzato le diverse incarnazioni di questo monstrum musicale, non può che guardare oltre l’apparente disomogeneità di stili, cogliendo una sorta di esaltante compendio dell’intera storia di una band che ritrova qui la sua forma primigenia. L’attacco è senza compromessi, con due brani che esplicitano sempre più il sottotesto politico della band, ma anche l’impatto sonoro, alla faccia di chi pensava che – almeno nel caso di Big Paul – l’età si sarebbe fatta sentire. “Absolute Dissent” e “The Great Cull” sono due feroci invettive, rispettivamente sull’accettazione cieca della progressiva spoliazione del pianeta e sulle politiche alimentari delle grandi corporazioni. Dal punto di vista musicale, non si poteva chiedere di meglio per aprire il disco, grazie a due riff grintosi, che disegnano nel caso della titletrack una canzone ariosa, in cui la circolarità della sei corde si mette al servizio di una linea vocale quasi accorata, mentre nel secondo caso c’è una maggior cattiveria, in primis nell’approccio vocale di Coleman, e anche nell’esplosione del basso di Youth. “Fresh Fever From The Skies” è una traccia più riflessiva e dal sound più secco, molto vicina alle cadenze degli esordi, ma che esplicita (ahimé!) anche una produzione non eccellente: le tonalità alte tendono in effetti, in tutto il disco, ad affossare le linee vocali e dove Geordie tira fuori suoni di chitarra più squillanti, spesso la sessione ritmica tende a impastarsi. La seguente “in Excelsis” è un brano profetico e avvolgente, in cui esplodono prepotentemente anche dei potenti accordi di tastiera, ad accrescere il senso ‘di divino’ complessivo. Per le note discografiche, l’EP “In Excelsis” aveva preceduto di poco la pubblicazione dell’album, e in una sontuosa edizione con doppio 12” e cd, offriva ben cinque brani, tra cui si segnala un remix (ancora più) dub di “Ghosts Of Ladbroke Grove” (di cui parleremo più avanti) e l’inedita “Kali Yuga”; nulla a che vedere con l’omonimo brano presente su “Extremities…”, è a nostro un bel regalo per i fan completisti, ma un’esclusione inspiegabile dal disco: la canzone, il cui testo è coerente al titolo e alle pulsioni apocalittiche sottese, è infatti un marziale ed esaltante crescendo non dissimile da “The Great Cull”, solo più quadrata e oppressiva, con uno Youth e il suo basso-rullo compressore in stato di grazia. Tornando alle tracce che compongono “Absolute Dissent”, abbiamo a seguire “European Super State”, il cui ritmo danzereccio, frutto di un sample di tastiere orecchiabile e dell’ottimo lavoro al basso, crea un curioso contrasto sul profondo testo paneuropeista, oltre a impedire di stare fermi; tanto che la band ricorda commossa come anche l’anziano padre di Youth, passato in studio a trovarli, avesse iniziato a ballare felice con un bicchiere di vino in mano sentendo il demo del brano… il tutto appena una manciata di giorni prima di morire. È del resto un album di morte e rinascita, che nel seguito offre “This World Hell”, un midtempo oscuro e feroce che nel narrare della decadenza globale fa il pari con la successiva “Endgame”, su cui però Coleman sceglie un approccio vocale più melodico, con Geordie che offre un magistrale giro di giostra dei suoi, con la fedele Gibson ES a tratteggiare un’atmosfera insieme potente e paranoica. Torna poi la morte, ma in senso celebrativo, con “The Raven King”: un brano dedicato non a Paul Raven (le cui ceneri erano romanticamente con la band in studio), ma alle sue passioni e alla sua vita: delicato e toccante nei passaggi acustici e ricchi di riverbero, ma con un ritornello incisivo che ben celebra l’intensa esistenza del Re Corvo. “Honour The Fire” riprende le modalità di “Endgame”, sebbene Big Paul, dietro le pelli, costruisca un brano meno convenzionale e prevedibile, e sembra fungere quasi più da intermezzo prima di un trittico finale di gran pregio. “Depthcharge” è un duetto selvaggio tra una chitarra volutamente monocorde e una batteria che esplode brutale al servizio di un Coleman quasi posseduto, mentre “Here Comes The Singularity” è guidata da un Geordie sinuoso e liquido, con il vecchio sodale Jaz a duettare con una linea vocale insieme melodica e cupa, in un brano che potrebbe procedere all’infinito, con gli occasionali colpi sul china e i break di Big Paul a impedirci di restare mesmerizzati. La chiusura e il bilancio di trent’anni di vita è affidata alla già citata “Ghosts Of Ladbroke Grove”: un brano dub perfetto, ovviamente guidato da Youth e da un ottimo Udhin alle macchine. Un ritorno agli esordi – e intendiamo proprio il loro primo EP – che permette di respirare, se si chiudono gli occhi, l’atmosfera del quartiere che li ha visti crescere come individui e musicisti, e di intuire il passaggio dei fantasmi di chi ha convissuto con loro quelle esperienze. Se conoscete i Killing Joke grazie alle loro uscite più recenti, o se sono un vago nome che legate alla musica degli anni Ottanta, partite da qui, per approfondire: avrete poi la scelta se andare a ritroso nel tempo e ritrovare tutte queste pulsioni, o procedere in avanti, verso un sound sempre più roccioso.
Nota finale: in cd esiste anche un’edizione doppia, con “Absolute Respect” come bonus disc: il contenuto sono undici cover che vanno dai Metallica ai Foo Fighters, passando per i Fear Factory e band minori comunque interessanti, che ben testimoniano la profonda e variegata influenza della band.

TRACKLIST

  1. Absolute Dissent
  2. The Great Cull
  3. Fresh Fever From The Skies
  4. In Excelsis
  5. European Super State
  6. This World Hell
  7. Endgame
  8. The Raven King
  9. Honour The Fire
  10. Depthcharge
  11. Here Comes The Singularity
  12. Ghost Of Ladbroke Grove
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