KILLING JOKE – Democracy

Pubblicato il 25/04/1996 da
voto
8.0
  • Band: KILLING JOKE
  • Durata: 00:54:20
  • Disponibile dal: 01/04/1996
  • Etichetta:
  • Butterfly Records

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“Democracy” è uno dei dischi più bistrattati della discografia della band. Di certo non contribuiscono al suo potenziale successo una formazione nuovamente instabile e una produzione scarna che affossa molti dei brani; un risultato, questo, che deluderà molto Coleman e Walker, per non dire che li farà proprio incazzare: tenuto soprattutto conto che dietro il mixer, come per “Pandemonium”, sedeva Youth, anche produttore del disco tramite la sua Butterfly Records. Per questi motivi, è un disco spesso visto come la versione sbiadita del precedente, come accadde a suo tempo nel paragone tra “Night Time” e “Brighter Than A Thousand Suns”, ma in realtà ha una personalità tutta sua, potente e visionaria, che richiede quindi un’immersione diversa e più spirituale, per certi versi. Il full-length rispecchia una maggior pacatezza nella vita di Coleman, che dopo il trasferimento in Nuova Zelanda di qualche anno prima, e la relativa fascinazione per la cultura maori (di cui vi parleremo anche più avanti), si trasferisce per un po’ in Arizona; studia così nei suoi modi ossessivi la cultura e i rituali degli indiani d’America, infondendo all’album un sentore primitivo e naturalistico, oltre a un paio di riferimenti espliciti (per esempio in “Medicine Wheel”). In questo viene accompagnato da un Geordie che in qualche modo sembra aver raggiunto un’ulteriore serenità da mezza età, se mai il suo approccio cool da sigaretta in bocca e sguardo “who cares?” necessitasse ulteriore rilassatezza, ed ecco che a trionfare in numerosi brani sono le chitarre acustiche, a partire dalla 12 corde che si sovrappone al riff quadrato dell’iniziale e sciamanica “Savage Freedom”; una struttura che più avanti nell’album troverà la perfezione nella struggente “Lanterns”. Anche la seguente titletrack si muove su cifre oniriche e una presenza potente di chitarre acustiche squillanti, mostrando al tempo stesso la crescente ferocia vocale di Coleman, che nel prosieguo della carriera resterà costantemente su queste timbriche aspre e a tratti gracchianti. Da rilevare, per i completisti, il robusto remix di “Democracy” denominato “Rooster Mix” presente come b-side del singolo, e accompagnato peraltro da un’altra ottima b-side, “Mass”: un brano incalzante e cibernetico che non avrebbe sfigurato sull’album. Tornando al disco, “Prozac People” è un incubo in mescalina dove inizia a esplodere il lavoro dietro le pelli di Geoff Dugmore; alla seconda prova con la band il batterista scozzese mostra una maggior confidenza, e alterna con capacità semplici accompagnamenti a variazioni interessanti, a volte pesantemente rallentate, altre volte tribali: l’apice ne è probabilmente “Pilgrimage”, con i tamburi ritualistici e i piatti spazzolati a creare un eccellente contrappunto alla cadenza lisergica delle chitarre. Resta un po’ in secondo piano sul disco, invece, il lavoro del basso, a favore invece di potenti inserti di tastiera e synth curati da Nick Holywell-Walker, entrato nella band come turnista live dopo “Pandemonium”, e destinato a restare al fianco dei Killing Joke fino al 2004. I primi segnali della sua rilevanza sono su “Aeon”, una caduta libera nello spazio siderale tra cadenze industrial e una chitarra presa pari pari dagli U2… che del resto molto dovevano al suono della sei corde di Geordie. Analoga follia cyber-esoterica pervade l’esaltante “Intellect”: un brano cupo, ossessivo e adrenalinico come non si sentiva da tempo, che lascia addosso quella sensazione tipica dei Killing Joke che possa non finire mai. Abbiamo già citato “Medicine Wheel”, introdotta da un flauto quasi rituale e – finalmente – da un giro di basso liquido e suadente, per poi assestarsi su un crescendo indomabile tra il controtempo della batteria e uno dei riff più magistrali di sua maestà Walker. “Absent Friend” è probabilmente l’unico passo falsi del full-length, non per evidente bruttezza, ma per il tentativo di riassumere con troppa faciloneria gli elementi potenti che si riscontravano nei brani precedenti, con un una linea vocale un po’ troppo melodica e non riuscitissima, mentre “Another Bloody Election”, introdotta da un vociare inquietante, potrebbe essere vista come la riscrittura in acido del loro classico “Kings And Queens”; con un Coleman indomito a salmodiare su un ritmo di batteria secchissimo e sull’ennesimo, spaesante alternarsi di chitarre acustiche ed elettriche. Che, ribadiamo, è il vero punto forte di un album che può lasciare spiazzati al primo ascolto (ed era meritevole di qualche accortezza in più in fase di missaggio) ma che per chi vi scrive è la vera gemma nascosta nella discografia della band.

TRACKLIST

  1. Savage Freedom
  2. Democracy
  3. Prozac People
  4. Lanterns
  5. Aeon
  6. Pilgrimage
  7. Intellect
  8. Medicine Wheel
  9. Absent Friends
  10. Another Bloody Election
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