KING DIAMOND – Abigail

Pubblicato il 01/01/2021 da
voto
9.5
  • Band: KING DIAMOND
  • Durata: 00:40:20
  • Disponibile dal: 21/10/1987
  • Etichetta:
  • Roadrunner Records
  • Distributore: Self

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Il secondo quinquennio degli anni ’80 rappresentò una sorta di seconda esposizione alla gloria eterna per la figura di cui vogliamo scrivervi in queste prime ore del 2021: dopo i due capolavori indiscussi “Melissa” e “Don’t Break The Oath”, i Mercyful Fate decisero infatti di sciogliersi, seppur temporaneamente, ancora probabilmente ignari del fatto che, dal momento della loro consacrazione, la scena metal non sarebbe più stata la stessa, soprattutto per quanto riguarda il lato più tematico e blasfemo, che di certo già si era confermato come un tratto distintivo di svariate formazioni, ma senza mai essere approcciato con cotanta classe ed eleganza.
Ebbene, il carismatico frontman danese Kim Bendix Petersen, alias King Diamond, non avrebbe mai potuto limitarsi a quanto fatto in compagnia dei suoi ex-colleghi, ma non ci è dato comunque sapere se fosse consapevole o meno delle cinque gemme nere a suo nome che avrebbero fatto capolino sul mercato discografico dal 1986 al 1990, una per ogni anno, a partire dallo stupendo e fiammeggiante “Fatal Portrait”, il cui successo venne immediatamente bissato da quello che viene ancora oggi riconosciuto come il più prezioso tra tutti i diademi incastonati nel trono nero del Re Diamante; e senza nulla voler togliere al più complesso e maturo “Them” o ai suoi due pregevolissimi successori, è proprio sul concept album “Abigail” che vogliamo concentrarci.
Se l’orrore musicale metallico si potesse manifestare in forma fisica, siamo convinti che lo farebbe servendosi di un sinistro carro trainato da due oscuri destrieri, rigorosamente sulle note dell’inquietante intro “Funeral”, per poi iniziare a far tremare l’intero terreno cimiteriale con “Arrival”, fino a distruggerlo al punto tale da permettere alla magione oscura di emergere ed ergersi in tutto il suo splendore. “A Mansion In Darkness” è infatti una combinazione perfetta a base di adrenalina, doppia cassa ed estro macabro, consacrata dall’ossessivo e penetrante falsetto del losco figuro dal volto dipinto dietro al microfono; anche se è importante non dimenticare il fenomenale combo di musicisti al suo seguito, inclusi quel gran chitarrista che risponde al nome di Andy LaRocque e il drummer Mikkey Dee, che parecchi anni dopo avrebbe trovato posto in formazioni del calibro di Motorhead e Scorpions.
“A Family Ghost” e “The 7th Day Of July 1777” rallentano il tiro rispetto a ciò che le ha precedute, ma incrementano ulteriormente quella sensazione di delizioso tormento che permea ogni nota suonata, giungendo al culmine nello spettacolare ritornello di “Omens”, all’interno del quale Sua Maestà fornisce forse la prova più impressionante in assoluto, riuscendo nella difficile impresa di mantenere intatta la capacità di intrattenimento, seppur con una cornice così opprimente. Inoltre, un plauso va fatto al dimenticato tastierista Roberto Falcao, che coi suoi effetti dona un gusto ancora più completo all’intera opera.
Il main riff della più breve “The Possession” stimolerebbe i brividi a qualsiasi ascoltatore, soprattutto coloro i quali si dilettano quotidianamente con la sei corde, ma a suo modo riesce quasi a sembrare poco più di un anticipo al momento in cui la diabolica titletrack fa capolino fuori dall’impianto: una vera e propria possessione musicale demoniaca è per l’appunto ciò che si impadronisce ancora oggi di chiunque decida di ascoltarla con la mente adeguatamente predisposta, al punto tale da riuscire quasi a infrangere il sottile confine che incorre tra l’heavy metal e le emozioni umane più nere. E neri sono anche i cavalieri che con le loro spade forniscono le ultime sferzate d’acciaio del pacchetto, in una “Black Horsemen” della durata di quasi otto minuti, alla stregua di una vera e propria horror-suite.
Sicuramente King Diamond non è un artista adatto a tutti, anche a causa di uno stile vocale tanto emblematico quanto controverso, ma è innegabile che la sua figura rappresenti ancora nel presente il più saldo e inossidabile tra tutti gli anelli di congiunzione tra l’orrore e la musica, tra la blasfemia e l’arte uditiva e, ultimo ma non ultimo, tra l’heavy metal e le oscure profondità spettrali ed infernali. Non a caso è da lui e da altri che il filone più macabro ed oscuro della nostra musica preferita avrebbe attinto negli anni successivi al periodo che abbiamo preso in analisi, estremizzando e distorcendo man mano la formula fino a dare vita a quello che oggi chiamiamo black metal. Ciò nonostante è bene non andare off-topic, poiché “Abigail” non soltanto è heavy metal al cento per cento, ma incarna l’apice di quel tetro splendore che da lì in avanti avrebbe continuato ad aleggiare tanto nel panorama musicale quanto nel nostro cuore di appassionati. Un capolavoro senza tempo, da possedere nella propria collezione e da ascoltare ancora e ancora!

 

TRACKLIST

  1. Funeral
  2. Arrival
  3. A Mansion In Darkness
  4. A Family Ghost
  5. The 7th Day Of July 1777
  6. Omens
  7. The Possession
  8. Abigail
  9. Black Horsemen
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