KING DUDE – Death

Pubblicato il 15/09/2022 da
voto
7.0
  • Band: KING DUDE
  • Durata: 00:40:28
  • Disponibile dal: 16/09/2022
  • Etichetta:
  • Ván Records

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Ogni percorso artistico è una storia a sé. Alcuni sono metamorfici, altri procedono sulla strada sicura di una formula consolidata; alcuni muoiono insieme ai loro fautori, altri arrivano ad una sorta di estinzione naturale. King Dude ha percorso per un decennio una strada musicale che lo ha condotto attraverso vari paesaggi del neo-folk e del rock, costeggiando di tanto in tanto le rive di altri generi, ma restando nel complesso fedele al proprio tracciato. Ne parliamo al passato perché con “Death” Thomas Jefferson Cowgill ha decretato la fine di questo capitolo della sua carriera, per prevenirne, stando alle sue dichiarazioni, l’accartocciarsi nella ripetizione. Riconoscere di aver esaurito un’idea è un atto di consapevolezza che fa senz’altro onore al musicista americano. È anche un atto di coerenza, dal momento che Cowgill sostiene di aver sempre pensato a King Dude come ad un progetto a termine. Il fatto che questa consapevolezza e questa coerenza trovino la loro espressione in un testamento artistico come “Death”, però, lascia un po’ con l’amaro in bocca.
“Death”, almeno in teoria, non è un album nato per caso. Nel corso della sua carriera come King Dude, Cowgill ha pianificato una sorta di racconto in quattro dischi che esplorano, in un certo senso, quattro nodi centrali dell’esistenza umana: l’amore (“Love”, 2011), la paura (“Fear”, 2014), il sesso (“Sex”, 2016) e ora, appunto, la morte, episodio immaginato da Cowgill come ultimo atto di King Dude fin dal momento in cui ha dato i natali ad esso. I primi tre capitoli rappresentano episodi interessanti nella discografia di Cowgill e crediamo fosse lecito aspettarsi da “Death”, anche in ragione del suo ruolo di duplice chiusura (di un arco narrativo e della storia di un progetto), qualcosa di definitivo, profondo e in qualche modo memorabile. Pur essendo un ascolto piacevole, non è niente di tutto questo.
Cowgill lascia le scene abbracciando la sua vena più rock e mettendo da parte l’anima folk, continuando quindi sulla linea di “Music To Make War To”. Ma se l’album del 2018 risultava abbastanza vario, fresco e perfino piacevolmente ruffiano, “Death” suona invece piuttosto derivativo e pur non presentando nessun vero passo falso, non consegna alla storia nessun brano davvero degno di nota. L’impressione generale è quella di ascoltare una raccolta di b-side di Mark Lanegan, contaminata da suggestioni che vanno dagli Smiths agli Interpol e arricchiti da qualche inserto elettronico: questo di per sé non sarebbe neanche male, ma forse non è l’impressione che si spera di lasciare col proprio album d’addio.
L’album si apre con un’intro, “Death’s Theme” che sembra addentrarsi in una foresta oscura di dantesca memoria, magari in una versione da film horror d’antan. Le aspettative così create vengono però disattese dalle successive “O’ Darkness” e “Her Design”, buoni pezzi rock senza particolari sussulti di originalità. Con “Silver Cord” si cominciano a percepire anche reminiscenze di altri album dello stesso King Dude (in particolare dal già citato “Music To Make War To”), impressione rafforzata dalla successiva “Everybody Goes to Heaven”. Il percorso prosegue con la struggente “Sweet Death”, ennesimo episodio gradevole ma un po’ già sentito, seguita dall’altrettanto piacevole e altrettanto derivativa “Cast No Reflection”. “Out Of View” è forse il brano più interessante del lotto, in cui il musicista incornicia la sua voce da torbido crooner con una melodia elettronica dalle suggestioni quasi ‘spaziali’, in una modalità che ricorda certe composizioni rarefatte del Nick Cave più recente. Con “Black And Blue” l’album si avvia verso un crepuscolo melodioso dalle tinte più folk, che sfumano in un ritornello malinconico e arioso. Lo spirito rock torna dominante su “Pray For Nuclear War”, che riporta l’album sul tenore dei brani d’apertura prima del sipario conclusivo, “Lay Waste To The Human Race”, outro pianistica introspettiva ma priva di sorprese.
A fine ascolto, viene da chiedersi se “Death” non risulti più apprezzabile se inteso non tanto come la porta che si chiude su King Dude, ma come una finestra aperta sul futuro musicale di Thomas Jefferson Cowgill. Restiamo in attesa della prossima incarnazione della sua carriera, grati per quanto quella appena sepolta ci ha dato fino a qualche anno fa.

 

TRACKLIST

  1. Death's Theme
  2. O' Darkness
  3. Her Design
  4. Silver Cord
  5. Everybody Goes To Heaven
  6. Sweet Death
  7. Cast No Reflection
  8. Out Of View
  9. Black And Blue
  10. Pray For Nuclear War
  11. Lay Waste To The Human Race
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