8.5
- Band: KINGCROW
- Durata: 01:04:15
- Disponibile dal: 17/05/2010
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
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Con il debutto "Something Unknown" datato 2001 ed il successivo lavoro "Insider" (ancora acerbo, per la verità), lo stile dei Kingcrow era ancora in bilico tra heavy e tentazioni progressive, mentre con il penultimo "Timetropia"i nostri hanno un primo sussulto, rendendosi autori di un discreto platter di progressive metal. Ora, anno 2010, prendete il nuovo album del gruppo romano, inseritelo nello stereo e schiacciate ‘play’: vi basteranno una manciata di minuti per rendervi conto che questi ragazzi ne hanno fatta di strada dall’ormai lontano 2001. Sarà perché il loro songwriting si è fatto più maturo e sicuro, sarà perché il nuovo cantante Diego Marchesi appare fin dalle prime note più caratterizzante rispetto al suo pur bravo predecessore Mauro Gelsomini, fatto sta che qui ci troviamo ad avere che fare con un disco che non ha nulla da invidiare a gruppi stranieri più blasonati, poche storie. Se volete scoprire come un album di progressive metal moderno dovrebbe suonare, non dovete far altro che ascoltare questo "Phlegethon", perfetta sintesi tra la tradizione rock progressive degli anni settanta e del progressive metal anni novanta. Sì, perché i Kingcrow partono dalle radici del genere, andando a citare – personalizzando sempre in maniera spessa le varie influenze – nel corso dell’intero lavoro, i capostipiti del progressive rock deglia anni settanta. E’ bello lasciarsi accarezzare dalle atmosfere folk alla Jethro Tull di "Islands", dalle melodie delicate memori dei migliori Kansas di "Lullaby For An Innocent", song in cui sono presenti fantasiosi intrecci vocali in stile Queen e Gentle Giant, o ancora lasciarsi trasportare dalla stupenda "Numb (Incipit, Climax & Coda)" in cui fanno capolino i Pink Floyd e le scorribande sonore dei King Crimson. Tutto ciò risulta tremendamente attuale, grazie ad un impasto sonoro che molto deve ai Pain Of Salvation era "The Perfect Element I" e "Remedy Lane", e per alcune melodie vocali chiaramente ispirate a Daniel Gildenlow, ad opera del bravissimo Diego Marchesi. Fin qui è tutto perfetto, come anche la parte finale del disco i cui pezzi migliori sono senza dubbio "Lovocaine", che brilla per il suo mix di melodie mediorientali e mediterrane, la seguente "Fading Out Pt. III", robusta e spagnoleggiante, e la conclusiva titletrack, foriera di inaspettate atmosfere black metal. Un lavoro straordinario che, nella sua lunga durata, non conta neanche un minimo calo di tensione e di ispirazione; i Kingcrow hanno tutte le carte in regola per divenire gli alfieri del progressive metal contemporaneo, sta al pubblico non compiere il delitto di snobbarli.