6.5
- Band: KINGS DESTROY
- Durata: 00:34:04
- Disponibile dal: 05/05/2015
- Etichetta:
- War Crime Recordings
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E’ piuttosto strano sapere che i Kings Destroy siano una band di Brooklyn nata all’interno della scena hardcore newyorchese e che alcuni componenti prima facevano parte di una gang di graffitari da cui poi, successivamente avrebbero preso il nome per la band. E’ inusuale per la musica che propongono in antitesi con la cultura prettamente hardcore dei sobborghi della ‘Grande Mela’. E’ particolare ed alquanto singolare che in poco più di cinque anni siano giunti al terzo album partendo da radici piuttosto marcate a livello sonoro in ambito appunto hardcore per poi arrivare alle sette tracce di questo album omonimo. Un’opera che ha nel proprio genoma sonico il doom metal ossianico e primitivo di Pentagram e Black Sabbath, la corrente piu melodica del noise rock e lo stoner lisergico e sanguigno dei Kyuss prima e Unida dopo. I Kings Destroy hanno creato sicuramente il loro miglior album, dove le varie componenti stilistiche sono ben bilanciate generando un suono piuttosto omogeneo e fresco anche se non troppo originale. Quello che balza all’orecchio è la voce di Steve Murphy, dotato di una timbrica molto graffiante ma allo stesso tempo sofferente e malinconica. Questo contrasto con una musica piuttosto energica che sfocia quasi nell’ hard rock settantiano dei Grand Funk Railroad ed Uriah Heep, rende le canzoni interessanti, pervase da un alone quasi mistico e misterioso. In alcune parti sembra di ascoltare la liturgia hippy dei Black Mountain di quel capolavoro che è “In The Future”. I Kings Destroy sono bravi a mescolare vari generi anche distanti tra loro creando un paesaggio sonoro che non richiama a nessun stile in particolare: questo grazie anche alle intuizioni del duo chitarristico e della sezione ritmica, i primi capaci di generare quantità enormi di riff con una certa classe, la seconda che riesce a dare groove e pulsioni ritmiche semplici ma efficaci. Musicisti che mettono esperienza e la tecnica al servizio della musica. “Mr O”, probabilmente la canzone più rappresentativa del lotto, esprime al meglio questo concetto. Una canzone che è il biglietto da visita per accedere ad un pubblico più ampio, perché i Kings Destroy sanno scrivere buona musica con genuina passione e spiccate doti compositive. L’unica pecca che ci sentiamo di muovere è forse la mancanza di una certa intransigenza compositiva ed il coraggio di osare maggiormente con altre soluzioni per non scadere nello scontato. Non è il caso di queste canzoni ma alla lunga ripetere sempre gli stessi schemi artistici può portare a creare lavori anonimi e noiosi che passeranno inosservati. Per i Kings Destroy il rischio potrebbe esistere nel futuro. Ci auguriamo che questo non accada.