KISS – Music From The Elder

Pubblicato il 21/05/2011 da
voto
8.5
  • Band: KISS
  • Durata: 00:42:46
  • Disponibile dal: 10/11/1981
  • Etichetta:
  • Casablanca Records

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Il 1981 avrebbe dovuto essere per i Kiss l’anno della rivincita e del ritorno in grande stile. Eh già, avrebbe dovuto. In realtà le cose andarono in maniera ben diversa e la parabola discendente della band si tramutò in uno strapiombo apparentemente senza fine, complice la pubblicazione di un disco complesso, maturo e ingiustamente sottovalutato: "(Music From) The Elder". Certo, già la situazione in casa non era delle migliori: liberatisi dei servigi del “Catman” Peter Criss nel 1980, ora i Nostri dovevano far fronte anche ad un Ace Frehley sempre più inaffidabile e ormai prossimo a mollare il colpo. Inoltre, gli ultimi album avevano scontentato gran parte dei vecchi fan, delusi dalla svolta pop intrapresa con il terribile "Dynasty" e proseguita con l’edulcorato “Unmasked”. Bisognava rinverdire i fasti del glorioso passato, quindi, e i Kiss pensarono di farlo in due modi: richiamando il produttore Bob Ezrin, che era stato dietro la consolle ai tempi del classico “Destroyer” del 1976, e componendo un disco molto più variegato dei precedenti e le cui tracce fossero legate da una trama concept. Del resto Ezrin aveva prodotto solo due anni prima “The Wall” dei Pink Floyd, quindi, se aveva funzionato per loro, perché non doveva accadere anche per Gene Simmons & C.? Peccato che in tutto questo ragionamento i Kiss non avessero messo in conto  la cosa più importante: le aspettative dei fan. Nonostante tutti gli sforzi profusi nella sua realizzazione, infatti, il disco che doveva segnare la rinascita rischiò seriamente di segnare lo stop definitivo nella carriera dei Nostri: i critici rimasero inamovibili nelle loro convinzioni (Kiss= tutto fumo e niente arrosto), i fan sconcertati e l’album semplicemente invenduto sugli scaffali dei negozi. Nel corso degli anni il gruppo (Gene Simmons in testa) ha più volte rinnegato “The Elder”, ma riascoltandolo oggi non si può rimanere impassibili di fronte ad una band capace di reinventarsi in maniera convincente, pur senza tralasciare le componenti che l’avevano resa celebre. Si può attribuire la débâcle solo alla scarsa lungimiranza del pubblico che, messo di fronte ad un prodotto così atipico e, diciamolo pure, avanti con i tempi, voltò in massa le spalle ai loro ex beniamini. Prima di tutto la copertina: già qui la voglia di rompere con il passato è grande, poiché per la prima volta il gruppo non vi appare e lascia lo spazio ad una bella immagine raffigurante una mano in procinto di aprire una porta antica. Poi il look: rispetto ai complessi (e a volte ridicoli, vedi quelli del periodo ‘79-‘80…) costumi degli anni precedenti, la band, pur restando fedele al classico make-up, opta per abiti più sobri e moderni. Infine, la musica: l’intro dal sapore cinematografico “Fanfare” ci accompagna nelle atmosfere medievaleggianti dell’album e fa da preludio alla stupenda “Just A Boy”, piccola gemma acustica incastonata su una pregevole e posata interpretazione di Stanley distante anni luce dai suoi tipici acuti. La successiva “Odyssey” è una sontuosa ballata orchestrale dai toni epici e pomposi nella quale lo “Starchild” utilizza registri vocali inconsueti per i suoi standard al limite del melodrammatico, mentre “Only You” rientra parzialmente nei canoni della musica rock grazie al suo riff diretto e alle inconfondibili vocals rauche di Mr. Simmons. “Under The Rose” è indubbiamente il capolavoro del disco, un brano epico all’inverosimile, inconsapevole progenitore delle atmosfere che dì lì a poco faranno la fortuna di alcune note band epic metal. “Dark Light” (inizialmente intitolata “Don’t Run”, scritta a quattro mani da Ace Frehley con il noto session man Anton Fig) ritorna nei consueti canoni dell’hard rock più classico, esaltata dalle inconfondibili e robuste plettrate di Ace in grado di mantenere ancora un filo conduttore con il sound primigenio della band. La ballad “A World Without Heroes” rimane un gradino più in basso nei confronti degli altri brani, nonostante il contributo in fase di scrittura di Lou Reed. Sebbene sia stata scelta come singolo trainante accompagnata da un videoclip tutt’altro che irresistibile, il brano è l’unico tentativo di fare breccia nelle classifiche all’interno di un album che di commerciale non ha proprio nulla. Con “The Oath” torniamo a lambire i livelli di eccellenza: un’ ottima cavalcata metal, dotata di un riff portante da antologia ed una teatrale interpretazione di Stanley. Alcune note distorte di basso che rievocano la storica “God Of Thunder” introducono la sulfurea e sardonica “Mr. Blackwell”, costruita su un riff sincopato dal quale emerge la straniante ugola di Simmons. Il brano sfocia nel brano strumentale “Escape The Island”, dove finalmente Eric Carr può dare libero sfogo al suo drumming potente, tecnico e vario in questa scatenata jam con Ace alla chitarra e il produttore Bob Ezrin al basso. “I”, pregna di atmosfere soul e cori che rimandano al gospel, chiude lo scrigno di un lavoro che a distanza di trent’anni colpisce ancora per la sua freschezza ed ammalia per le tematiche intrise di mistero. Mistero ancora più fitto per gli ascoltatori dell’epoca, dato che la casa discografica pensò bene di rimischiare l’ordine originario delle tracce, snaturando il concetto del disco e rendendone alquanto difficile la comprensione. Il master definitivo, una volta giunto nelle mani di Ace, fu da lui fatto a pezzi, in quanto molte delle parti di chitarra erano state estromesse dal produttore. L’episodio aggravò la già precaria situazione interna della band, che si vide costretta a scomparire nelle tenebre per pianificare un “back to the roots” che l’avrebbe salvata dall’oblio. Le creature della notte stavano per risvegliarsi…

Si ringrazia Diego “Dr.Zed” Zorloni per la fattiva collaborazione. 

 

TRACKLIST

  1. FANFARE
  2. JUST A BOY
  3. ODISSEY
  4. ONLY YOU
  5. UNDER THE ROSE
  6. DARK LIGHT
  7. A WORLD WITHOUT HEROES
  8. THE OATH
  9. MR. BLACKWELL
  10. ESCAPE FROM THE ISLAND
  11. I
1 commento
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