5.0
- Band: KORN
- Durata: 00:44:40
- Disponibile dal: 13/07/2010
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Abbiamo lasciato i Korn osservandoli seppellire la crescente crisi compositiva sotto le invasive produzioni industriali di The Matrix e Atticus Ross, che hanno lasciato la loro pesante impronta alterando il suono che fu rivoluzionaria ispirazione per un intero movimento. La crisi d’identità ha portato la formazione, come spesso accade, a cercare un ritorno alle origini in forma ed attitudine, in questo caso accompagnato da una dichiarazione d’intenti espressa sia nel titolo (“Korn III: Remember Who You Are”) sia nella scelta di Ross Robinson (produttore che lavorò ai primi due osannati dischi del gruppo) alla citazione del debutto nell’artwork di copertina. Se le premesse ci sono e i propositi possono essere considerati lodevoli (almeno per i fedeli ammiratori) già dal primo ascolto il nono album dei Korn risulta un’amara delusione. Il problema non risiede nella forma: sono presenti i lamenti adolescenziali, tormentati e catartici che hanno reso Jonathan Davis un’affascinante celebrità, il basso di Fieldy è tornato ad essere splendidamente percussivo e in evidenza, mentre il suono di chitarra è primordiale, contorto e malato nell’overdose di effetti. La formazione però, accecata dalla propria mitologia, ha perso di vista l’obiettivo principale e ha peccato clamorosamente nel songwriting: l’album è ripetitivo, autoreferenziale, infarcito di clichè e melodrammatico sino all’eccesso. Nel paragone con il furioso e rivoluzionario debutto il risultato finale è inferiore ai 3/5 che ci saremmo potuti aspettare, la mancanza di Head emerge in maniera preoccupante in termini di impatto e varietà, mentre il drumming, seppur discreto, manca dell’incisività e della fantasia di Silveira. Impossibile non notare inoltre come la prestazione vocale di Davis, seppur tecnicamente superiore agli esordi, nelle urla psicotiche e possedute (echi delle originali sfuriate, figlie di tossicodipendenza e debolezze psichiche) risulti tristemente artefatta, poco convincente, recitata. Anche se concentrati allo scopo di resuscitare i fasti di “Korn” e “Life Is Peachy” emerge, infine, come il gruppo si conceda in più di un’occasione alle tentazioni commerciali, finendo per citare i fortunati singoli di “Follow The Leader” e “Take A Look In The Mirror”. Appare tristemente chiaro, insomma, come i Korn dell’anno 2010 manchino della creatività, dello spirito e della coesione che artisti dello stesso periodo storico possono vantare attualmente (i Deftones sono un perfetto esempio), riuscendo a collezionare solo un paio di episodi discreti in un insieme decisamente incerto e, indubbiamente, imparagonabile ai fasti del passato.