8.0
- Band: KORN
- Durata: 00:32:36
- Disponibile dal: 04/02/2022
- Etichetta:
- Loma Vista Recordings
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Una delle prime cannonate del 2022 è l’atteso ritorno discografico dei Korn, band che ha ormai traguardato il quarto di secolo ed ha influenzato generazioni di musicisti negli ambiti più disparati. Nell’arco artistico della formazione c’è stato qualche periodo buio, segnato dalla dipartita dei membri storici più che altro, ma il quintetto di Bakersfield ha (quasi) sempre guardato avanti, con il frontman Jonathan Davis che ha preso il controllo della situazione e trascinato la band con scelte talvolta poco fruttuose, talvolta azzardate, senza però mai fermarsi.
Nemmeno lo stop forzato ai tour del periodo pandemico ha interrotto il cammino del gruppo, che nel particolare momento in cui si trovava senza contratto discografico ha potuto concedersi qualcosa di mai sperimentato: il lusso del tempo. Il modus operandi dei Korn è sempre stato quello di scrivere prima la musica, passando infine la palla a un Jonathan Davis sempre a ridosso della deadline, costretto a sessioni stressanti coi minuti contati. Dedicarsi senza limiti di tempo a perfezionare le proprie parti negli studi di registrazione di sua proprietà deve essere stata una sensazione decisamente inedita, che si traduce in una delle sessioni migliori di sempre, e i risultati si sentono. “Requiem” è un disco diverso dai capitoli dell’ultimo decennio (quelli del ritorno di Head per intenderci), è un disco molto omogeneo e melodico: solo nove pezzi tutti intorno ai tre minuti, per un percorso sonico vicino al concept album, che accompagna l’ascoltatore in un viaggio con un inizio e una fine. Si recupera il lavoro sulla melodia degli episodi solisti di Jonathan Davies ed Head, sperimentato in tanti momenti di “Untouchables” e “Take A Look In The Mirror”, con un Davis davvero ispirato messo in evidenza anche nel mixing. Potremmo definirlo per sottrazione, specificando che non ci sono cornamuse, pianti, vocals troppo urlate; non c’è neppure molto groove, non c’è il basso slappato (non c’è neanche Fieldy?), scarseggiano stop and go e riff in staccato. E’ un disco caratterizzato da riff più aperti e molta effettistica da parte di Munky ed Head, coi loro caratteristici scambi, suoni spettrali e rumori dark ed evocativi. Si sente una sfumatura diversa nelle linee vocali: possiamo parlare di malinconia, vulnerabilità e anche qualche attimo di dolcezza, che forze è la novità più evidente in assoluto. E’ la hit “Disconnect” a racchiudere tutte queste caratteristiche salienti, una canzone basata su un magistrale chiaroscuro tra minimalismo e brutalità in cui si tocca il climax della raccolta e si indica il potenziale sentiero del futuro del gruppo. Non siamo comunque davanti a un disco molle, né ad un disco che sottovaluta le potenzialità della coppia di sette corde: “Let The Dark Do The Rest” riesce ad essere sia urgente che epica, “Hopeless And Beaten”, “Penance To Sorrow” e “My Confession” spingono sul lato metallico e “Worst Is On Its Way” regala un tuffo nel passato (compreso di scat) per tutti i nostalgici all’ascolto. Coeso, toccante, coraggioso e forte di una scrittura impeccabile “Requiem” non sarà digerito in maniera istantanea, ma rappresenta l’ulteriore evoluzione dei Korn, l’ennesima spinta verso il futuro e probabilmente il miglior lavoro dal ritorno di Head.