7.0
- Band: KORN
- Durata: 00:44:03
- Disponibile dal: 13/09/2019
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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A chiudere la trilogia dopo il ritorno di Head, nella nostra testa e secondo quanto anticipato dal singolo “Can You Hear Me”, avrebbe dovuto esserci il passo finale verso il glorioso sound dell’era “Issues”/”Untouchables”/”TALITM”, col sogno nel cassetto di qualche puntatina in territorio “Korn”/”Life Is Peachy”. Galvanizzati dalla visione del documentario “Loud Krazy Love” abbiamo riassaporato i tempi d’oro, gettando definitivamente alle spalle il periodo buio tra “Greatest Hits” e la parziale resurrezione di “The Path Of Totality”. In quest’ottica il tredicesimo capitolo della band di Bakersfield può essere una mezza delusione, ma ascolto dopo ascolto bisogna staccarsi dalle aspettative personali, certamente condivise dagli ascoltatori di vecchia data, per trovare una chiave di lettura che nella sua ovvietà ci è sempre rimasta sotto il naso: in “The Nothing” l’intera band si è messa a servizio di un Jonathan Davis in lutto, per permettergli di esprimere il suo dolore in un disco che esplora rabbia, perdita ed isolamento. La morte dell’ex moglie Deven ha riportato JD all’inferno, e nelle tredici tracce del disco si può tornare ad essere investiti dalla sua capacità di trattare candidamente demoni tremendamente brutali, esponendosi fino al crollo psicologico e alle crisi di pianto. Essendo il disco a servizio della narrazione di questo dramma individuale c’è molto spazio per il linguaggio artistico del frontman, che si è ormai stabilizzato in una cifra stilistica fatta di ritornelli melodici carichi di dramma e di una magniloquenza quasi eccessiva. Head, Munky e Fieldy cercano lo stesso di infilare rumoristica, riff ‘dialogati’ tra i chitarristi e qualche slappata, convincendo pure Ray Luzier a un paio di passaggi disco, ma alla fine cedono sempre alla classica struttura che ha dato loro fama e gloria, coperta dal melodramma che sembra uscito dal recente solista “Black Labyrinth”. Emozioni autentiche e non filtrate, capacità compositive e una tracklist asciutta sono i maggiori punti di forza che rendono il disco di facile presa, soprattutto per i numerosi fan affezionati che hanno apprezzato il percorso post-reunion. Se nel passato recente la band è stata acclamata per aver riscoperto il sound del passato questo disco riesuma l’innata capacità di scavare nella sofferenza e trasformarla in arte: se aprire e chiudere la raccolta allo stesso modo suggerisce un supplizio irrisolto i Korn hanno ancora molto da dare.