6.0
- Band: KORN
- Durata: 00.37.47
- Disponibile dal: 06/12/2011
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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“Eravamo dubstep prima che esistesse la dubstep. Tempo a 140, half-time drums, riff ribassati. Ci portavamo dietro 120 subwoofer, allineandoli sul fronte palco, 60 da una parte e 60 dall’altra. I bassi erano tutto”. Con questa sparata di Jonatan Davis è difficile non approcciarsi in maniera critica a questo “The Path Of Totality”, album di collaborazioni con producers dubstep nato come un EP ma tramutatosi in full length grazie alla moda contemporanea e al successo dell’esperimento di “Get Up”, genesi del progetto che contestualmente ha fatto esplodere l’astro di Skrillex. Quest’ultimo non è che Sonny Moore, ex-idolo della MySpace generation con la band screamo From First To Last… e il cerchio si chiude a meraviglia, giustificando: il complottismo su una band smarrita e a caccia di nuovi fan (quelli di Skrillex ovviamente); il punto in comune tra metal e il sottogenere dell’elettronica (interesse di molti giovani artisti contemporanei); la nuova corrente underground che risveglia lo spirito pionieristico di uno dei gruppi più incisivi della storia recente della musica heavy (temiamo che “dubstep” sarà un problema per molti lettori in futuro). La raccolta genera sentimenti contrastanti: da un lato è il miglior lavoro dei Korn da “Take A Look In The Mirror” (2003). Non si tenta di ravvivare una soluzione già sperimentata in passato, si tenta finalmente di fare del nuovo, in più di un’occasione con cognizione di causa e con un successo insperato. E’ così che le strutture e i suoni della formazione, che conosciamo a memoria, si fondono con l’elettronica per un sound futuristico in totale empatia coi sentimenti di Jonatan Davis, da anni l’elemento più evidentemente in spicco, tanto da costringere gli altri membri a farsi da parte in più occasioni, per permettere ai vari manipolatori una animazione shockante e modernissima, sull’onda dei suoni più attuali dell’electro. E’ palese, a parere di chi scrive, che la violenza scaturita dal laptop di Skrillex è quella che meglio si sposa agli intenti del progetto: manca solo “Chaos Lives In Everything” e tutti i brani stravolti dal piccolo fenomeno figurano nella lista dei singoli. JD infine sembra, a tratti, di nuovo libero e ispirato, in contrasto con la forzatura recente verso il passato tormentato che lo ha reso voce di una generazione. I lati negativi, purtroppo, esistono, eccome. Essendo una scelta consapevole, non vogliamo questionare sulla frequente assenza di elementi fondamentali come il basso di Fieldy, ma non nascondiamo che ci sarebbe piaciuto andasse diversamente. Quello che emerge da un ripetuto ascolto è che se alcuni collaboratori forniscono un contributo alterno, c’è chi affossa drammaticamente la scaletta: parliamo di Downlink, che con tre colpi ben assestati cancella le speranze più ottimistiche dei fan dei Korn, trascinando su ritmi lenti un Davis cadaverico. Decisione di dubbio gusto considerata l’ottima chiusura dalle mani di Feed Me, che ha a disposizione una sola traccia, ma non la spreca affatto. Fa bene Noisi,a ma senza raggiungere i picchi di Skrillex. Il problema più grosso, in ogni caso, è che, al di là di poche eccezioni, i pezzi sembrano tutti dannatamente simili: la scelta del tempo (140 bpm) potrebbe essere forzata dal genere, ma non è mai obbligatoria, e non giustifica un susseguirsi di brani sostanzialmente identici, su cui posa un ritornello sempre maledettamente melodico e tranquillo, tanto da poterlo immaginare come intercambiabile tra le canzoni. E’ questa incomprensibile ripetitività che non fa decollare un intento apprezzabile, seppur maleodorante di trovata commerciale. Ricordiamo con piacere “Kick The P.A.” coi Dust Brothers, che è rimasto un esperimento felice nella sua singolarità. “The Path Of Totality”, a confronto, risulta sfortunatamente un passo più lungo della gamba, anche se effettuato nella direzione giusta.