7.0
- Band: KORPIKLAANI
- Durata: 01:00:35
- Disponibile dal: 05/02/2021
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Sono passati ben tre anni dall’ultimo lavoro del clan della foresta e non c’è alcuna ironia in questa affermazione. Dopo un recente passato così prolifico, che vedeva sfornare un album all’anno, il finnico sestetto si è preso una pausa di riflessione per caricare al meglio la vena ispiratrice o per avere il tempo di esplorare a fondo le tematiche da cui trarre le basi per le tredici tracce del nuovo “Jylhä”, undicesima tappa dell’ormai ampia discografia, e regalare agli ascoltatori qualcosa di diverso. Riuscendoci. Il piccolo problema che però si pone, è come apprezzare a pieno questa ricerca di intenti, dato che – a meno di studi in lingue nordiche – i testi in finlandese non sono così facilmente assimilabili. Ecco che quindi ritorna un punto saldo della musica dei Korpiklaani: sono nati per far ballare, per far divertire con la loro commistione di musica folk, punk, rock e questa volta anche reggae. C’è poco da fare, non possono essere così immediati da pensare di far cantare a squarciagola ogni singola parola, quindi lasciamoci condurre in quadriglie cadenzate dal basso di Jarkko Aaltonen e dalla batteria di Samuli Mikkonen. I Korpiklaani si distinguono però da altri gruppi di genere dall’uso massiccio della fisarmonica di Sami Perttula e del violino di Tuomas Rounakari, creando quel suono che a volte ci fa sembrare di essere in una balera, altre volte invece ci ricorda i suoni occitani e fa scattare le danze di un pogo (ahinoi) immaginario. Non ce ne vogliano i puristi del metal ma ormai la strada che hanno intrapreso questi moderni druidi è spostata quasi del tutto verso il folk; ci sono sì riff di Kalle Savijärvi che strizzano l’occhio ai Judas Priest o ai Black Sabbath, ma sono anche i passaggi meno riusciti. Lì la sciamanica voce di Jonne Järvelä si incaglia in ritmi meno coinvolgenti, come in “Kiuru” (la storia di un duplice omicidio) o nella conclusiva “Juuret”. L’uscita dell’album è stata anticipata da ben quattro singoli/video e fra questi ci sono la spassosa “Leväluhta”, con quel sentore tipico dei suoni in levare, e l’altrettanto ritmica “Niemi”, che ci ricorda il significato primordiale del genere humppa-metal. Sono i momenti spensierati quelli che vogliono trasmetterci con la loro musica e anche con il brano “Huolettomat”, che letteralmente significa “Gli Incuranti”, ci raccontano del momento storico in cui ci troviamo, spingendoci a preoccuparci di vivere solo il presente e lasciando avvenire l’incerto futuro. Altri bei momenti sono presenti in questo disco, il cui titolo tradotto dal lappone suona come l’aggettivo ‘maestoso’ riferito ad eventi naturali selvaggi: si fanno ricordare il brano più lineare nella costruzione, “Sanaton Maa”, dove si susseguono intro-strofa-ritornello-assoli vari (tra cui la parte di violino è molto accattivante) così come la decima traccia “Anolan Aukeat” con l’immancabile fisarmonica.
Se vi incuriosisce la musica folk mescolata a molteplici generi, considerate l’esperienza di trovarvi quasi in una nave pirata ascoltando “Pidot”, una melodia creata da nordici vichinghi che non si fanno sorprendere dalla tempesta e arrivano in porto anche questa volta.