6.0
- Band: KORPIKLAANI
- Durata: 00:54:27
- Disponibile dal: 26/06/2009
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Prosegue la marcia dei Korpiklaani al ritmo di un disco all’anno. Il gruppo di Jonne Järvelä non si è praticamente mai fermato da quel “Voice Of Wilderness” datato 2005 che valse alla band una popolarità andata via via crescendo sino ai giorni nostri. Dopo il buon “Tales Along This Road” il songwriting dei Korpiklaani iniziò però a soffrire del troppo poco tempo a disposizione tra un’uscita e l’altra e il gruppo arrivò ai suoi minimi qualitativi con “Korven Kuningas” dello scorso anno, lasciando qualche interrogativo sull’effettiva necessità di pubblicare album a breve distanza. Il nuovo “Karkelo”, pur apparendo migliore del precedente, è un disco su cui sembrano pesare ancora una volta gli effetti di una fase di composizione troppo breve che, come vedremo, ha dato vita ad alcuni pezzi realmente interessanti ma anche a diversi episodi poco ispirati. Il gruppo concentra infatti la sua capacità di scrivere brani folkeggianti, di presa e molto divertenti in pezzi come la opener “Vodka”, il classico pezzo di folk metal festaiolo con melodie di fisarmonica molto semplici, un gran tiro e cori immediatissimi che si memorizzano dopo mezzo ascolto. Basta questo primo assaggio per notare come i Korpiklaani abbiano deciso di dare più spazio alle chitarre, con una maggior rilevanza rispetto agli strumenti tradizionali e un sound più aggressivo. Non altrettanto convincenti ma comunque efficaci le successive “Erämaan Ärjyt” e “Isku Pitkästä Ilosta”, entrambe cantate in finlandese e giocate su ritmi più sostenuti. “Karkelo” contiene anche brani meno allegri come “Mettänpeiton Valtiaalle”, più lunga e articolata rispetto alle precedenti. A riportare momentaneamente l’atmosfera da festa della birra ci pensa la divertentissima e danzereccia cover di “Juodaan Vinaa, seguita da “Uniaika” un altro episodio più lento, ragionato e serio che però soffre di una linea vocale abbastanza noiosa. Dopo l’alcoolica “Bring Us Pints Of Beer” si nota un calo qualitativo per via della presenza di riempitivi decisamente meno ben fatti come arrangiamenti, giri melodici e ritornelli. È il caso di “Huppian Aarre”, “Sulasisma” e la conclusiva “Kohmelo” non certo aiutate dal cantato in lingua madre, caratteristica preponderante in “Karkelo”. Un disco dunque altalenante che del suo passaggio lascerà solo tre-quattro brani ideali per i live set.