8.0
- Band: KRATER
- Durata: 00:49:16
- Disponibile dal: 15/11/2019
- Etichetta:
- Eisenwald Tonschmiede
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Sembra che in questa annata di straordinarie uscite black metal ci sia ancora spazio per qualche piccola perla. “Venenare” il suo titolo, la Eisenwald Tonschmiede (già casa della ‘new sensation’ Uada) l’etichetta che si premura di distribuirla, Krater chi si cela dietro questa cinquantina di minuti dalle cromie trasversali, per un viaggio che ha il sapore di una metamorfosi attraverso processi alchemici senza tempo.
Come accaduto per il notevole “Urere” del 2016, si parte da lontano, dalle aggressioni brucianti della scuola svedese di Dark Funeral e Setherial, e da lì ci si incammina lungo i saliscendi e le tortuosità di un sentiero che ripercorre la storia del genere fino ai giorni nostri, in un’esplosione di stili e soluzioni cangianti. Un’“Eruption” – ricollegandosi all’evocativo fluire dell’intro – che avvolge, seduce e tenta, orchestrata da un gruppo ormai a proprio agio nel plasmare le emanazioni della nera fiamma secondo l’eco di una spiritualità inquieta. Pochi secondi e si passa da rasoiate mutuate da un “The Secrets of the Black Arts” a squarci onirici, rintocchi di puro heavy metal e parentesi dalle velleità sciamaniche, senza però incorrere nelle complicazioni o nelle lungaggini di alcune branche del filone. Mai come ora, nella proposta dei Krater è possibile rintracciare questa doppia anima, questo doppio approccio alla materia. Il loro guitar work si è staccato dalla tipica alternanza di violenza e atmosfera del mondo black metal per abbracciare melodie e simmetrie personali, sottolineando il tutto con una performance al microfono espressiva e per nulla intimorita dall’uso del pulito.
Forse, allo stato attuale delle cose, il rischio è che la proposta del quintetto tedesco non venga capita fino in fondo: troppo eccentrica e sfuggente per il fan medio di Lord Ahriman e compagni, troppo aggressiva per chi, in tempi non sospetti, si è approcciato a certi ambienti grazie ai dischi di formazioni più ‘catchy’ come Mgla o i suddetti Uada. Un destino che è comune a tanti musicisti dall’indole febbrile e dalla passionalità viscerale, qui splendidamente immortalato da brani del calibro di “Prayer for Demise”, “Zwischen den Worten” o “Stellar Sparks”. A fronte di simili risultati, racchiusi in una calda produzione firmata Greg Chandler (Cruciamentum, Esoteric, Mourning Beloveth), non è per nulla eccessivo parlare dei Nostri come di uno dei segreti meglio riposti dello scenario underground europeo.