6.5
- Band: KREATOR
- Durata: 00:46:11
- Disponibile dal: 10/06/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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Non hanno certo bisogno di presentazioni i Kreator, e dunque sarebbe forse ridondante ribadire – ancora una volta – quanto questa band di Essen, Germania, abbia influenzato un intero sottogenere musicale quale il thrash metal, per non parlare delle evidenti influenze all’interno del black scandinavo fin dalle proprie origini; un gruppo il cui nome è sinonimo di storia di un genere, e che è stato e sarà nel cuore di migliaia di appassionati, e che, volenti o nolenti, è a tutt’oggi uno dei nomi di punta del nostro genere preferito. E non stupisce che la band di Mille Petrozza, cantante e chitarrista, faccia sempre piuttosto rumore quando si trovi a pubblicare qualcosa di nuovo; l’ultima fatica dei Kreator del resto risale al 2017, “Gods Of Violence”, un album che col tempo, onestamente, ha perso molto del suo fascino sull’immediato.
Cominciamo col dire che anche in “Hate Über Alles” il sound dei tedeschi, al quindicesimo album in studio e a una buona quarantina d’anni di esistenza, segue le coordinate dei Kreator anni 2000, quelli che da “Violent Revolution” in poi hanno via via inserito sempre di più una commistione tra thrash e un certo tipo ‘melodie’ e soluzioni che sono arrivate ad abbracciare territori un tempo impensabili per loro, lambendo vette praticamente power metal. L’ultimo nato in casa Petrozza non si discosta da questa scia, ed è evidente come questa sia la dimensione nella quale i Nostri si trovino maggiormente a loro agio, ma non mancano altre particolarità. Un compendio di stili connota “Hate Über Alles”: aprendosi con “Sergio Corbucci Is Dead”, una breve strumentale morriconiana dedicata a uno dei più influenti registi di spaghetti western e non solo, porta in viaggio l’ascoltatore sulle arie di un thrash duro e crudo come quello della titletrack (non esente da parti melodiche – non stiamo ascoltando “Pleasure To Kill”, insomma), passando per momenti quasi “Black Album” dei Metallica, reminiscenze alla Iron Maiden (“Become Immortal” su tutte, ma rispunteranno fuori) e qualche momento coraggioso – non per forza tuttavia riuscitissimo – dove sono incluse voci femminili (“Midnight Sun”, con alcune note davvero bizzarre) o, ancora, un cantato pulito di Mille e, farà piacere a qualcuno, qualche soluzione che ci riporta alle sperimentazioni degli anni ‘90, tanto bistrattate all’epoca quanto rivalutate oggigiorno, capaci di dare effettivamente un tocco d’interesse in più, sebbene non vi sia niente di così inusitato.
Il disco scorre che è un piacere (ma non è una novità), ma non sembra mai davvero raggiungere una vetta da giustificare una vera esaltazione. Viviamo in realtà un andirivieni discontinuo, volendo ovviamente sorvolare su disquisizioni da puristi per cui fa strano sentire i Kreator suonare come i pur adorati Blind Guardian. Ma pure evitando dunque qualsiasi spacconaggine ‘true’ non possiamo che rilevare quanto, sebbene corposo, muscoloso, melodico, azzardato quando serve (“Pride Come Before The Fall”, o “Dying Planet” ), insomma, fondamentalmente ben confezionato, “Hate Über Alles”, anche dopo molti ascolti, stenti a decollare, suonando come un album meno funzionante nella ‘nuova’ vita dei Kreator: un lavoro certosino, godibile, che dal vivo avrà dei momenti spaccaossa (la prima metà del disco sembra fatta apposta per buttar giù le prime file), ma non cambierà le sorti del thrash metal né la vita di nessuno, inclusa la band stessa. È un problema? Probabilmente no; i fan certamente compreranno e apprezzeranno “Hate Über Alles”, e andrà bene così per tutti. Noi, al netto dell’amore per i Kreator, senza bende e paraocchi, pur soffrendo un po’ di fronte alle commistioni thrash-power teutotonico, non possiamo che dire “non male”, e forse avremmo apprezzato ancora più brani ‘sperimentali’ che non i ‘soliti’ momenti supertirati; a Mille Petrozza vorremo sempre bene, e comprenderemo anche gli applausi per questo lavoro, le lodi, gli apprezzamenti più convinti, ma sapremo anche, come tutti, che, obiettivamente, “Hate Über Alles” non è poi questo gran capolavoro, lo riascolteremo una volta ogni tanto, ci piacerà questo o quel passaggio, questa o quella canzone, ma poi probabilmente finirà tutto lì.