6.5
- Band: KRYPTONOMICON
- Durata: 00:51:09
- Disponibile dal: 25/11/2022
- Etichetta:
- Punishment 18 Records
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A distanza di un anno esatto dal primo full-length rilasciato, in perfetta modalità svizzera (e non poteva essere altrimenti, visti i loro gusti musicali), i Kryptonomicon tornano a versare il proprio distillato black/death putrido e acido. Si intitola “Infernalia” il secondo lavoro prodotto dal gruppo di Monfalcone, promosso ancora una volta dalla Punishment 18 Records e per il quale, doveroso ammetterlo, c’era parecchia curiosità visti i buoni responsi ottenuti dall’album d’esordio. In “Nekromantikos”, infatti, la malefica formula marchiata Celtic Frost, sprigionata dal chitarrista Stefano Rumich e compagni, aveva lasciato il segno proprio per quella sua singolare crudezza stilistica, riuscendo ad omaggiare la storica band elvetica senza comunque snaturare un personale percorso artistico costruito sulle trame sinistre sguinzagliate dallo stesso Rumich, egregiamente sorrette dall’ugola sguaiata di Luca Sterle, per un intruglio tanto marcio quanto efficace. Ora, presentato nuovamente dalla strabiliante cover firmata da Paolo Girardi, ancor più dettagliata della precedente, “Infernalia” si manifesta con tratti più raffinati, con maggiori inserti orchestrali ed un altrettanto ricercatezza d’intenti, lasciando spazio a brani più cadenzati ed articolati a discapito delle sfuriate dritto per dritto.
Ed è qui che forse i Kryptonomicon hanno esagerato un poco nel versare gli ingredienti necessari alla mistura finale: volendo aumentare, e giustamente, il grado qualitativo della putrescente offerta, il quartetto friulano (rinnovatosi nel frattempo nel ruolo di batterista, con l’ingresso di Randy Lego al posto di Diego Rossi) ha compiuto il passo più lungo della gamba, travalicando il perimetro di sicurezza tracciato fino a questo punto, andando così a creare un senso di spaesamento e leggera confusione nella proposta conclusiva. Non che i dieci pezzi in scaletta, esclusa la discreta cover di “Let’s Dance”, siano spenti, mosci o poco ispirati, anzi, l’esatto contrario: c’è fin troppa carne al fuoco e un brano come “The Garden Of Delights-Temptation” rispecchia alla perfezione quanto appena scritto, con il tentativo, riuscito solo in parte, di abbracciare più versanti sonori. Che questa seconda fatica abbia dalla sua una più preponderante versatilità ed apertura malefica rispetto a “Nekromantikos” è possibile riscontrarlo anche nei due pezzi strumentali dell’album: l’opener “Portae Inferi”, ispirata ai “Carmina Burana”, e la titletrack si stagliano in tutta la loro tensione, aumentando i giri malvagi messi in moto dalla precedente e spettrale “Timor Mortis Morte Pejor”. In definitiva, se nel primo lavoro, avevamo puntato l’attenzione verso i passaggi più lenti, questa volta abbiamo apprezzato maggiormente gli episodi tirati e grezzi (“I.n.r.i.” “La Dame Du Christ” e “The Path Of Lust”), proprio per quella strabordante voglia di sorprendere/sperimentare che non sempre è stata in grado di raggiungere l’obbiettivo prefissato. A questo punto, non ci resta che attendere il terzo lavoro, la famosa prova del nove, per decifrare il binario preferito che i Kryptonomicon vorranno seguire.