7.0
- Band: KRYPTONOMICON
- Durata: 00:48:40
- Disponibile dal: 26/11/2021
- Etichetta:
- Punishment 18 Records
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Prendete un calderone in ghisa, di quelli grevi, stagni, contornato da sbeccature che graffiano e scartavetrano la pelle con il più classico dei tagli scomposti, rognosi, sanguinolenti. A questo punto, seguendo alacremente le istruzioni contenute nel libro sacro della ‘Scuola primordiale del metal estremo’, aggiungete una buona dose di Celtic Frost, una serie di riff griffati Venom, tambureggianti ritmi alla Sodom (prima era), una marcissima manciata di Hellhammer e una sbrodolata della mistura sulfurea composta da Possessed, Bathory e Destruction (degli inizi). Una poltiglia da prepararsi obbligatoriamente nei sotterranei ‘tombinosi’ il cui risultato assumerà il nome di “Nekromantikos”; una ricetta segreta, la prima, brevettata dai Kryptonomicon, death/black metal band di Monfalcone, attiva dal 2019, la quale, dopo due EP pressoché omaggianti i nomi sopra menzionati, è giunta all’esordio ufficiale sulla lunga distanza sotto l’occhio vigile della Punishment 18 Records. Stefano Rumich (già batterista dei Karnak) alle sei corde, Frank Ponga (anch’esso nei Karnak nelle vesti di chitarrista/cantante) al basso, Diego Rossi alla batteria e Luca Sterle dietro al microfono. Questi i quattro loschi figuri che si celano dietro ad un monicker e ad un album il cui significato può essere riassunto alla perfezione dalla sua stessa cover, realizzata dal pittore Paolo Girardi, già all’opera con Manilla Road, Fingernails, Inquisition e Dark Quarterer. Un qualcosa di infernale ed orrorifico sorge lentamente dai bassifondi più sinistri della terra portando con sé morte, dannazione e fetore.
Sensazioni laceranti che scaturiscono a cascata nei dieci brani presenti in “Nekromantikos”. L’intro omonimo accompagna imperiale l’ascesa dell’essere mostruoso, descrivendo in poco meno di due minuti le linee compositive del gruppo friulano. Intenzioni che sfociano nella tripletta successiva alla titletrack: da “Nocturnal Kill” a “Zeder” la parola d’ordine è attaccare, sfruttando al meglio le proprie armi, alternando grezzi stacchi death-punk a putridi midtempo, lanciando una prima avvisaglia di come i Kryptonomicon riescano ad offrire una miglior prestazione negli episodi più lenti e putrescenti. Il ringhio di Sterle è di quelli sgolati, odiosi, che ben si abbina alla creatura dominante la copertina del disco. Una proposta sicuramente non votata alla novità, che tuttavia trova degli elementi singolari in grado di portare questo debutto a meritarsi l’ascolto. Un pregio valorizzato anche da alcuni pezzi sicuramente curiosi nel loro diabolico marciume: dall’acida “The Omen” alla funerea “Timor Mortis Morte Pejor” dove il rumore della pioggia, accompagnato dai rintocchi di una campana e scandita dalle schegge chitarristiche di Rumich, cercano di coprire il continuo strappo vocale dello stesso Sterle, intento a ripetere all’infinito, sino alla morte, il titolo del brano stesso. Una doppia anticamera per la seconda parte di album più spedita e ringhiosa, in cui spicca, tra le altre, “The Ritual”. Detto che un paio di pezzi potevano rimanere nel cassetto proprio per la loro invariabilità propositiva (discreta invece la personalissima versione di “The Passion Of Lovers” dei Bauhaus) la prima fatica messa a segno dal combo di Monfalcone si è guadagnata il suo spazio tra le nuove uscite all’interno dell’underground italico.