7.5
- Band: KVELERTAK
- Durata: 00:51:08
- Disponibile dal: 08/09/2023
- Etichetta:
- Rise Records
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I Kvelertak non sono certo una band da un album ogni due anni, di conseguenza veder sprecato il ciclo di tour per “Splid” (2020) dev’essere stato un colpo abbastanza duro anche a livello psicologico, essendo stato l’album in questione una sorta di rinascita, di forte presa di posizione e di ripartenza con il nuovo frontman Ivar Nikolaisen.
Basta un ascolto di “Endling” per capire che i norvegesi non guardano mai indietro, anzi: abbandonando il producer di sempre Kurt Ballou in favore di Jørgen Træen e Yngve Sætre dei Duper Studio di Bergen, il sestetto continua il proprio percorso in maniera organica, evolvendo in un sound tutto sommato più “turbo” e più omogeneo, senza rinunciare però ad un turbine di influenze di generi più disparati e di sorprese. L’eclettismo è sempre stato uno dei punti di forza dei Kvelertak e questo passo in avanti avviene senza strappi anche se, è evidente, la percentuale di black metal all’interno della formula del gruppo è spesso smorzata in favore di sbandate che ricordano Queen (“Skoggangr”), gli Iron (“Krøterveg Te Helvete”, “Likvoke”) fino all’esilarante parentesi folk col banjo di “Døgeniktens Kvad”. Sulle storiche fondamenta di Hellacopters, Turbonegro, Mastodon, Baroness e Immortal, i Kvelertak continuano a costruire, giocare e stupire, con il loro caratteristico suono a tre chitarre dalle distorsioni naturali capace di dilungarsi oltre misura per ripetere un giro due volte di troppo, riuscendo comunque, in qualche modo, a servire una palla curva attraverso un elenco di citazioni infinito, con virate improvvise, concettualmente impossibili, ma mai incoerenti.
Bello come Ivar Nikolaisen sembri muoversi in mezzo al tornado senza sforzi, portando la sua carica rock’n’roll nel variegato impianto sonoro della band e dominando tanto su strofe che deragliano verso la distruzione totale quanto su ritornelli enormi ed esaltanti.
Ancora una volta i Kvelertak riescono a far funzionare tutto senza disintegrarsi nel disordine o vanificarsi nella parodia, trasmettendo quel brivido genuino che sfugge alla catalogazione e dando vita a qualcosa di strettamente personale. “Endling” dimostra la validità di questa seconda vita dei Kvelertak, eventualità più unica che rara dopo un cambio di frontman.