6.5
- Band: KVELERTAK
- Durata: 00.47.07
- Disponibile dal: 05/13/2016
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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Chi avrebbe mai detto che una formazione blackened punk ‘n’ roll con cantato in lingua madre potesse uscire dai patri confini, arrivando ad essere elogiata da Papa Het e dai reali norvegesi? I Kvelertak hanno già fatto l’impensabile, conciliando gli enormi palchi di Metallica, Volbeat e grandi festival alle assi dei club più fumosi e sudati. Se il secondo album “Meir” è già stato oggetto di discordia, questo “Nattesferd” sarà probabilmente un altro bivio davanti al quale si troveranno i fan del selvaggio debutto: il terzo album in studio dei norvegesi non è esattamente come avrebbe voluto chi scrive e non è non è come ci si aspettava che fosse. Come non rimanere spiazzati dal ‘cock rock’ di “1985”, un singolo che ha fatto cascare la mascella a praticamente tutti gli ascoltatori? Il pezzo, tranquillizzatevi, non rappresenta appieno un terzo album ancora completamente eclettico, che va però ad abbandonare la strada dell’hardcore caustico bollato Ballou per imboccare un assurdo ed anacronistico sentiero rock, buttando nella miscela conosciuta ed apprezzata di Darkthrone, Converge e AC/DC delle pesantissime contaminazioni retro che rimandano a Thin Lizzy, Cheap Trick, ZZ Top. Nove brani registrati live in studio, poco prodotti, sporchi, grezzi e con qualche errore lasciato lì apposta, in gran parte derivati da lunghe jam e nemmeno troppo ridefiniti in sede di scrittura, con chitarre acustiche e cori puliti in sottofondo, che si alternano alle consuete sfuriate, alle urla del singer e al guitar work a tre asce. L’attitudine “party rock anthem”, da sempre elemento centrale della band, allontana il disco da ingombranti pretesti artistici, cercando il divertimento chiassoso e sguaiato (andate dritti a “Bronsegud” e capirete). Avete presente “Kvelertak”, dal secondo album “Meir”? Il pezzo aveva indicato la direzione di questo “viaggio notturno”. Quel che è certo è che sarà difficilissimo, soprattutto per i fan di prima data, digerire pezzi lenti ed atmosferici come “Ondskapens Galakse” e “Nekrodamus” o il lunghissimo cammino progressive di “Heksebrann”. Nulla ci toglie dalla testa nemmeno che l’opener “Dendrofil for Yggdrasil” possa e debba finire un paio di minuti prima. In ogni caso, la scelta artistica è precisa e coerente. Inutile girarci intorno, “Nattesferd” è un cambiamento abbastanza drastico che costituirà un rilevante ricircolo nella fan base dei Kvelertak. Dopo parecchi ascolti sfortunatamente non ci ha convinto del tutto.