4.5
- Band: KYLESA
- Durata: 00:40:23
- Disponibile dal: 02/10/2015
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Sesto album per i Kylesa. Sesto tentativo di plasmare una propria personalità artistica all’interno di questo selvaggio e pericoloso mondo del music business. Sesto tentavivo, sesto fallimento: i Kylesa vorrebbero, ma non possono. “Exhausting Fire” non è poi neppure un brutto album se sopra la copertina non ci fosse scritto Kylesa ma Black Mountain, Mastodon, Jex Toth, Baroness oppure Blood Ceremony, band che cronologicamente magari sono arrivate dopo e comunque da un’unica radice musicale, ma che hanno saputo sviluppare e generare un percorso artistico personale e poco derivativo. I Kylesa nel corso della loro carriera questo processo di evoluzione non lo hanno mai neppure affrontato, ma in ogni caso “Exhausting Fire” non sarebbe un brutto album se il trio della Georgia (Savannah per la precisione, guarda caso) non volesse imitare per forza le band citate prima o se comunque volesse mettere un po’ di amor proprio in quello che fa. Non sarebbe un brutto album se i Kylesa si sforzassero di non apparire ma di essere. Le dieci tracce (undici, se si considera l’imbarazzante cover di “Paranoid” dei Black Sabbath) sono un compendio terribile di stilemi che stanno imperversando nel panorama stoner doom mondiale. La discografia della band ha sempre avuto dei passi falsi ed anche gli album precedenti risultavano essere privi di quel mordente creativo a cui una band di un certo valore non dovrebbe mancare. Forse il messaggio sonoro è sempre stato troppo sopravvalutato ed i Kylesa hanno saputo vendere bene la propria mercanzia: già da “Static Tensions” c’erano stati presagi di immobilismo e carenza creativa che poi si sono accentuati con il passare degli album. Si pensava che quest’opera potesse risollevare le coordinate stlilstiche , ma così non è stato. Non c’è nessuna presenza di un pizzico di originalità e le banali soluzioni stilistiche che racchiudono nel proprio genoma stoner e rock settantiano sono totalmente prive di nerbo e carattere. Troviamo abbastanza interessanti gli intrecci vocali tra la voce di Laura Pleasants, per altro piuttosto anonima nella timbrica, e quella di Philip Cope, che per lo meno rendono meno piatte le composizioni. “Moving Day” riesce un po’ a destare l’attenzione per il mood malinconico, ma sembra uscito da uno scarto dei Sonic Youth. L’approccio dei Kylesa è confusionario, sono capaci di scrivere canzoni accettabili come quella appena citata ma non riescono ad infondere sentimento e emotività. In altri episodi la prevedibilità e la mancanza di idee sono troppo evidenti, basti ascoltare “Lost and Confused” ad occhi chiusi e sembrerà di essere ad un concerto dei Black Mountain tanto sono uguali, il che non sarebbe neppure una brutta cosa se non ci fosse la pretesa di voler essere a tutti costi originali pur essendo consci del fatto che le loro capacità artistiche sono ormai limitate. Sia chiaro, non è facile riuscire ad emergere e rendere una proposta musicale un poco più appetibile al grande pubblico, ma i Kylesa sembra non abbiano i numeri per fare tutto questo. Sembra che “Exhausting Fire” sia l’ennesimo tentativo per farsi notare, brancolando nel buio creativo e d’ispirazione. La mancanza di creatività è davvero evidente e scopiazzare a destra e sinistra non gioverà sicuramente nel prosieguo di una carriera che fino ad ora non ha peraltro avuto troppi picchi di qualità artistica e musicale. Una band come tante al giorno d’oggi che sopravvive sperando, con un po’ di fortuna, di salire sul treno giusto. Ma il rock è soprattutto anima e passione, caratteristiche che mancano ai Kylesa. Noiosi e presuntuosi.