8.0
- Band: KYLESA
- Durata: 00:40:11
- Disponibile dal: 25/10/2010
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Se c’è una qualità che i Kylesa hanno dimostrato di avere in tutti questi anni è la voglia di continuare ad arricchire il proprio sound con elementi nuovi o in precedenza sottoutilizzati. L’evidente svolta “mastodoniana” di “Static Tensions”, infatti, faceva presagire che la band di Savannah avesse trovato una propria dimensione e vi si sarebbe comodamente adagiata. Invece il nuovo “Spiral Shadow” rivendica la voglia di novità dei ragazzi, ripartendo da dove si era fermato il suo predecessore, ma aggiungendo elementi prima non presenti. La proposta di base è sempre fatta di uno sludge molto psichedelico e progressivo, che questa volta ricorda più i Baroness che i Mastodon: le novità stanno nell’inserimento di partiture che vanno a ripescare eroi del passato quali Sonic Youth e Fugazi, presi nelle loro accezioni maggiormente vicine al punk hardcore. Perfino la produzione si adegua a questa scelta, risultando particolarmente povera e volutamente lo-fi. La risultante di tutto ciò è un album che predilige brani di medio-breve durata e dalla fruizione solo all’apparenza facile. Il lavoro è a tratti spiazzante, come nel trittico “Back And Forth”, “Cheating Synergy” e “Crowded Road”, dove le basse frequenze la fanno da padrone e dove l’hardcore easy listening di matrice washingtoniana si fonde con le complessità ritmiche tipiche dei nostri, che sfruttano alla grande l’utilizzo di due batteristi, ovvero Carl McGinley e Tyler Newberry; a completare il quadro troviamo le chitarre di Philip Cope e di Laura Pleasants, una impegnata in arabeschi finanche settantiani, l’altra con la distorsione sul 10 impegnata a triturare riff. Se si riesce a superare lo sconcerto iniziale, la musica dei Kylesa offre momenti meravigliosi, tutti da assaporare. L’ensemble riesce ad accostare all’interno dei vari brani momenti profondi e melodici ad altri più semplici e ruffiani, rifugge dalle banalità grazie a strutture (non sonorità) vicine alla secchezza del noise ed utilizza delle melodie ora ottantiane (“Distance Closing In”, “Dust”), ora perfino più vecchie (la lunga title track pesca nei territori più lontani dai riflettori dei seventies) ed ammanta tutto con dei tribalismi soft che contrappuntano coerentemente una certa grassezza di fondo. Dopo dieci anni di onorata carriera, finalmente Laura Pleasants e soci riescono a piazzare quella zampata che in precedenza, per un motivo o per l’altro, non erano mai riusciti a dare. “Spiral Shadow” è uno di quei rari lavori che, una volta che ti entrano dentro, ci restano per sempre. Magico.