6.5
- Band: KYLESA
- Durata: 00:40:41
- Disponibile dal: //2005
- Etichetta:
- Prosthetic Records
- Distributore: Andromeda
I Kylesa sono un quartetto proveniente da Savannah, che con questo “ToWalk A Middle Course” è giunto al secondo album della loro ancorgiovane carriera. I ragazzi ci propongono un mix interessante e grezzodi hardcore evoluto, sludge e metal(core) cantato da due voci maschilie una femminile, tutte piuttosto rudi. Il disco si barcamena trapartiture piuttosto evolute e dissonanze varie, con un’effettisticamolto noisy. I Kylesa puntano più sull’impatto e sulla pesantezza chesulla velocità: gli up tempo infatti sono ridotti al minimo, per lo piùi ritmi sostenuti sono di volta in volta incastonati tra portentosigiri sludge, quasi che i nostri sentissero il bisogno di colpire ancorapiù duro di quanto già non facciano. Tra rimandi ai Neurosis di metàcarriera, richiami ai Fugazi, pesantezza tipica dei Cathedral e unaltro migliaio di influenze, “To Walk A Middle Course” procede tra altie bassi: si esalta in track quali “Fractured”, che convince con il suoincedere doomeggiante e i suoi inserti noise e “Bottom Line”; questa èindubbiamente la song più lineare dell’intero lavoro, punk hardcore chesa di Fugazi e Black Flag. Meno riuscite sono invece la troppocomplessa “Shatter The Clock”, sempre con base sludge ma dallastruttura quasi progressive e “Phantoms”, che fa sbadigliare dopo pochiminuti. Le altre tracce non aggiungono né tolgono niente a quanto giàdetto. C’è anche da sottolineare che, mentre le due voci maschili (unadeath e l’altra hardcore) funzionano piuttosto bene, quella femminiledi Laura Pleasants (anche chitarrista), che poteva davvero esserel’arma in più della band, non rende come dovrebbe, proponendo unoscreaming che utilizza tonalità troppo alte, andando a cozzare controla monoliticità del lavoro. Nota di merito per la produzione ad operadi Alex Newport, ideatore di band quali Fudge Tunnel (altra influenzadei Kylesa) e Nailbomb, che da spessore al lavoro chitarristico e alletre voci, occupandosi anche del programming. Il quartetto in definitivasforna un lavoro che poteva essere migliore ma che, tutto sommato, silascia ascoltare piuttosto volentieri, soprattutto quando è lacomponente sludge core a prendere il sopravvento. Una chance lameritano, se non altro per aver dimostrato che in America si può farebuona musica pur senza seguire le mode del momento.