KYLESA – Ultraviolet

Pubblicato il 25/05/2013 da
voto
7.0
  • Band: KYLESA
  • Durata: 00:38:58
  • Disponibile dal: 24/05/2013
  • Etichetta:
  • Season Of Mist
  • Distributore: Audioglobe

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E’ sempre bello e stimolante confrontarsi con la musica dei Kylesa, in quanto i ragazzi di Savannah riescono sempre a cambiare le carte in tavola e a non essere mai ripetitivi. Dopo un lavoro superbo quale “Spiral Shadow” era lecito attendersi un seguito che più o meno seguisse le stesse coordinate. E invece no. Come sempre, la band ha preso il lavoro precedente e ne ha fatto la propria base di partenza per andare poi ad inserire nuove variabili nel proprio sound. Così “Ultraviolet” – pur conservando molti dei cliché tipici del combo – sposta ulteriormente l’asticella e riesce a non privarci del piacere della scoperta. Diciamolo subito: il nuovo lavoro non è all’altezza dei propri due predecessori, ma nonostante questo si dimostra un platter maturo ed intrigante. Sin dall’iniziale “Exhale” ci rendiamo conto che i Kylesa vogliono mantenere una forte e radicata componente psych sludge, che rischia però di essere squarciata da spinte tribali e da un’effettistica mai così presente e mai così vicina alla scena elettronica evoluta. La successiva “Unspoken” gioca molto anch’essa con gli effetti: le chitarre di Philip Cope e di Laura Pleasants giocano con suoni flebili e distanti, mentre un grandissimo lavoro lo compie il sempre più importante Carl McGinley, che ammanta il tutto con i suoi campionamenti molto eleganti. Il brano è carico di pathos ed è una delle cose migliori uscite dalla penna di Cope negli ultimi anni. “Grounded” invece è un hard stoner settantiano stravolto dall’influsso heavy psych tipico della band, dentro al quale si sentono anche lontanissimi echo di Deep Purple! “What Does It Take” è un mid upper tempo semplice ed efficace, ancora una volta baciato dagli influssi ottantiani dati da McGinley. Molto bene anche “Low Tide”, brano dove viene compiutamente a galla l’amore dei Nostri verso la dark wave e dove gli arrangiamenti rimandano ai migliori Cure e la conclusiva “Drifting”, intensa, sognate e liquida. Non ci sono particolarmente piaciute “Vulture’s Landing” e “Steady Breakdown”, la prima davvero troppo molle e non molto ispirata, mentre la seconda fallisce nel tentativo di innestare la psichedelia sopra un riffing thrash memore di Metallica e Megadeth. Va altresì detto che perlomeno tutti i brani riescono a mostrare spunti interessanti e personali, che non sempre però vengono sviluppati in maniera compiuta. D’altronde fa parte del gioco: non tutte le ciambelle possono uscire con il buco. Nota finale per la meravigliosa produzione curata da Philip Cope, sporca e lo-fi come non mai. Nel complesso comunque “Ultraviolet” rimane un buon album, con qualche brano eccezionale ed altri magari rivedibili, ma ci riconsegna una band curiosa ed imprevedibile, che magari deluderà i fan della prima ora ma che continua a seguire una propria idea musicale senza voltarsi indietro ed anzi ampliandola ogni volta di elementi nuovi.

TRACKLIST

  1. Exhale
  2. Unspoken
  3. Grounded
  4. We're Taking This
  5. Long Gone
  6. What Does It Take
  7. Steady Breakdown
  8. Low Tide
  9. Vulture's Landing
  10. Quicksand
  11. Drifting
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