8.0
- Band: LABYRINTH
- Durata: 01:00:22
- Disponibile dal: 22/01/2021
- Etichetta:
- Frontiers
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Ci sono band che hanno posato i mattoni più solidi quando si stavano creando le fondamenta sulle quali si erge tuttora la scena metal italiana, ed i Labyrinth sono tra queste. Il gruppo toscano è riconosciuto a livello mondiale come uno dei massimi esponenti della scena melodic power/prog metal. Fondata nell’ormai lontano 1994 e da tutti associata a quell’indimenticabile ed intramontabile capolavoro che risponde al nome di “Return To Heaven Denied” (pubblicato nel 1998), la band ne ha passate tante durante la sua ormai quasi trentennale carriera, ma ogni volta è riuscita a risorgere dalle mille difficoltà spinta dall’indiscusso talento che l’ha sempre contraddistinta. A quattro anni di distanza dal precedente “Architecture Of A God”, sempre supportati dall’etichetta napoletana Frontiers Records, è tempo di ritorni con questo nuovo, attesissimo “Welcome To The Absurd Circus”.
L’impressione fin dai primi ascolti è di ritrovarsi tra le mani delle composizioni più dirette, con una tracklist ricca, più che in passato, di brani possenti. Power song dai ritmi elevati, costruite sulle chitarre mai così corpose del duo Thorsen/Cantarelli, il tutto ovviamente con il solito inconfondibile trademark firmato Labyrinth, fatto di cambi di atmosfere, arpeggi e melodie incantevoli.
Ed in effetti si parte a bomba con l’aggressiva e dinamica “The Absurd Circus”, che esplode su un power/prog intricato e dai tratti moderni, ma senza lasciar per strada gli stilemi classici della band: un pezzo che colpisce forte con riff granitici e che ha tutto in regola per diventare una super hit anche all’interno di una discografia così ricca come quella dei Labyrinth. Roberto Tiranti mostra un approccio vocale più aggressivo ed è spettacolare la fase centrale dove Magnani e Cantarelli si scambiano lo scettro durante gli assoli di chitarra. Neppure il tempo di tirare il fiato, ed ecco che corre come un fiume in piena il riffing della tiratissima “Live Today”, con echi che ci portano alla mente uno dei pezzi storici della band quale “Thunder”, alternando ritmi forsennati ai classici arpeggi di scuola Labyrinth, i quali aprono la via ad un refrain tutto da cantare. Le atmosfere si fanno più intime e progressive percorrendo le linee melodiche di “As Long As It Lasts”, magistralmente interpretate dal solito ineccepibile cantante genovese. Ma si ritorna ben presto a macinare riff con “Den Of Snakes”, una mazzata ben costruita sulle armonie delle due chitarre e poi spinta dall’ugola di Tiranti e poco più tardi con “The Unexpected”, uptempo che colpisce con vigore ed esplode al suo interno, correndo come un fulmine sui tasti d’avorio fiammeggianti spinti dall’estro di Oleg Smirnoff. Il nuovo batterista Mattia Peruzzi – che sostituisce da questo disco John Macaluso – dimostra di saper spingere sull’acceleratore, formando una coppia notevole alla sezione ritmica con il talentuoso bassista Nik Mazzucconi. L’apporto di quest’ultimo potrebbe rischiare di passare in ombra ad un ascolto poco attento, ma è evidente la sua importanza nel sound di questi nuovi Labyrinth, in particolare in un lavoro così massiccio. La ballata arriva puntuale con le malinconiche atmosfere dell’acustica “A Reason To Survive”, dipinte magistralmente dalla voce magica del frontman ligure prima di chiudere con i ritmi elevati ed i riff vorticosi di un altro pezzo da novanta come “Finally Free”.
Con “The Absytract Circus” i Labyrinth non vanno certo a rivoluzionare il proprio sound ma, complice anche una produzione mai così potente – merito del ‘solito sospetto’ Simone Mularoni ai suoi Domination Studio – danno alle stampe quello che probabilmente è il loro disco più aggressivo e vigoroso, andando a confezionare un lavoro sublime che non potrà che appassionare ogni fan della band e chiunque apprezzi le sonorità più eleganti della scena metal. Un’altra pietra miliare all’interno della sontuosa discografia della power/prog metal band italiana per eccellenza.