7.0
- Band: LAHMIA
- Durata: 00:49:24
- Disponibile dal: 18/01/2018
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
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Se nel primo lavoro della band capitolina, risalente al 2012, riscontravamo un forte legame con i fondatori del melodic swe-death come Dark Tranquillity ed In Flames, oggi possiamo invece notare una maggiore personalizzazione del proprio sound, senza comunque far saltare i cardini del genere. La lunga pausa tra l’esordio e questo nuovo album è dovuta ad un periodo travagliato per la formazione, che ha però portato alla stesura di brani dal suono arcigno e dal retrogusto di riscatto. Quindi “Resilience”, nel complesso, si presenta come un album che scorre senza intoppi, mostrando non una grande dinamica compositiva ma un’indubbia potenza. Si parte alla grande con la granitica “Elegy For A Dying Sun”, caratterizzata da un ritornello d’effetto, per poi trovare brani come la straziante “Dividi Et Impera” e la melodica “Limitless”, che insieme al titolo del disco sanno di dichiarazione d’intenti per il futuro da parte della band. Il death metal qui proposto non è dei più innovativi ma risulta ben congeniato e suonato con la giusta verve, miscelando sapientemente sferzate di doppia cassa con atmosfere dalle tinte cupe e sinistre. I Lahmia arrivano anche a cimentarsi con due brani davvero riusciti e che alzano il valore complessivo del lavoro quali la lunga “The Age Of Treason” ed “Existential Vastness”. La prima è una suite, il che la rende quantomeno intrigante già di per sé, dato che nel genere composizioni di questo tipo sono delle mosche bianche. Potremmo dividerla in due macro sezioni: nella prima metà si dà ampio respiro a ritmo e cattiveria, in linea con il resto della tracklist, dando un maggiore spazio per mostrare le capacità tecniche della formazione; la seconda parte invece è per lo più dedicata al lavoro delle chitarre, con l’ottima sezione solistica guidata da Flavio Gianello. La prerogativa migliore di questo pezzo è per certo quella di risultare molto fluido nelle sue parti senza mai far avvertire la sensazione di essere un collage di riff messi insieme per fare minutaggio, anzi. Esperimento riuscito. A chiusura del disco troviamo la sopra citata “Existential Vastness”, che rappresenta il passaggio più oscuro del lavoro, scandita da un ritmo blando che lascia ai latrati di Francesco Amerise la conduzione del brano. Quindi il ritorno sulle scene dei Lahmia è affidato ad un lavoro non superlativo ma permeato della giusta dose di cattiveria e capacità d’interpretazione del genere, abbinate alla ricerca di una propria direzione stilistica.