8.5
- Band: LAMB OF GOD
- Durata: 00:46:12
- Disponibile dal: 20/10/2006
- Etichetta:
- Epic
- Distributore: Sony
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Iniziamo col dire che i Lamb Of God non sono un gruppo metalcore, e che se per ignoranza o contingenza temporale sono stati infilati in questo filone “à la page” le coordinate stilistiche sono più vicine ai maestri del metal americano, a parere di chi scrive affini al power thrash americano più viscerale. Certo i Pantera hanno lasciato un vuoto incolmabile dopo la tragica scomparsa del leggendario Dimebag Darrel, ma nessuno ha avuto il coraggio di candidarsi alla eredità in maniera tanto disinvolta come i Lamb Of God con il primo singolo del loro ritorno: “Redneck” brilla di un groove Southern accompagnato da uno stile vocale alla Anselmo tanto trainante e semplice nella sua struttura da renderlo il singolo perfetto. “Pure American Metal” si sono battezzati, ma in “Sacrament” c’è molto di più, quindi non aspettatevi una clonazione della band di Darrel, soprattutto da un gruppo con una identità così marcatamente fortificata in passato. Decisa ad ampliare e a far crescere il proprio suono, la formazione si è ritirata dalla infame vita da tour per nove infernali mesi in studio, dove un lavoro incessante e logorante (il vocalist Randy Blythe ha dichiarato di aver consumato le sue corde vocali ogni giorno fino al vomito e all’emicrania) ha partorito il loro quinto disco in studio (contando l’esordio sotto il monicker “Burn The Priest”). Un growl vomitato dal profondo delle viscere è la caratteristica della formazione, quanto un riffing hypergroovy e ultraheavy, con un sound di chitarra indistinguibile, megaprodotto e mostruoso, orchestrato da uno dei batteristi migliori sulla piazza. Chris Adler è l’asso nella manica: fenomenale dietro le pelli, oltre alla precisione e alla potenza strabordante ha dalla sua uno stile unico che valorizza in maniera magistrale campane, chinas e splash. Blythe estremizza quanto più possibile il suo repertorio vocale pur non uscendo dal growl, e “Requiem” o “Blacken The Cursed Sun” ne sono l’esempio più evidente. “Pathetic” può essere tranquillamente inserita tra i pezzi dei Metallica in un libro di tecniche per chitarra ritmica, e pure gli assoli, mai così valorizzati, sono più gustosi che in passato. Tra i pezzi da menzionare assolutamente l’opener “Walk With Me In Hell” e “Descending”, un capolavoro di groove con un riff trainante e intossicante. La produzione è perfetta, come il missaggio: la separazione tra gli strumenti ha dell’incredibile, se proprio si vuole cercare il pelo nell’uovo c’è solo quel riverbero che risulta troppo eccessivo e ricorrente nelle vocals. In ogni caso un capitolo più sofisticato ma sempre intensamente brutale, più dark e atmosferico ripetto al passato, ricco di sfumature ma soprattutto di un mastodontico e inarrivabile groove. Ignorare ancora una volta i Lamb Of God sarebbe imperdonabile. E non diteci che non ve l’avevamo detto.