7.5
- Band: LANTLÔS
- Durata: 00:51:28
- Disponibile dal: 30/07/2021
- Etichetta:
- Prophecy Productions
- Distributore: Audioglobe
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Il quinto album dei Lantlos, che arriva a ben sette anni dal precedente “Melting Sun”, segna probabilmente il definitivo inizio di una nuova fase della carriera della band tedesca. Già con il suddetto disco del 2014, il progetto guidato dal polistrumentista Markus “Herbst” Siegenhort aveva dato l’idea di non avere più niente a che vedere con il black metal, ma l’album, pur mostrando un forte appeal melodico e una vocalità esclusivamente pulita, restava comunque ancorato a strutture ricercate e a robusti muri di chitarre di radice post-rock/metal, elementi peraltro già presenti nei passaggi più soft del repertorio degli inizi. Con questo nuovo “Wildhund”, i brani e le arie del gruppo acquistano invece una forma canzone più snella e definita, con un impianto alternative rock e melodie sfavillanti a guidare diverse delle tracce in scaletta e a recidere una volta per tutte il legame con quegli ambienti metallici nei quali i Lantlos hanno originariamente preso forma. La scrittura di Siegenhort, ormai libera da ogni vincolo stilistico legato al metal, resta comunque coerente e sicura, con idee e arrangiamenti anche assai elaborati che vengono incanalati in un meccanismo di composizione ed interplay fra strumenti che risulta subito molto fluido e collaudato. La gestazione di “Wildhund”, non a caso, è stata particolarmente lunga, e si può dedurre che il musicista tedesco, qui accompagnato dal notevole batterista Felix Wylezik, abbia attentamente valutato ogni aspetto del songwriting prima di affrontare le registrazioni. L’album risulta infatti estremamente levigato, tuttavia non cede alla tentazione di puntare su melodie troppo facili o di bearsi in modo sterile della propria orecchiabilità. La tracklist, di conseguenza, scorre in modo molto organico all’interno di una dimensione trasognata e impulsiva al tempo stesso, alternando potenziali singoli ed episodi più densi. L’atmosfera malinconica, vecchio marchio di fabbrica della band, è presente anche qui, ma è mista a una componente euforica e un brio a livello ritmico che fanno in modo che essa non diventi mai una declamazione troppo solenne. In questo, i Lantlos sembrano dei nuovi Hum, impegnati a rileggere attraverso la loro sensibilità una vecchia hit come “Stars”. Pure echi di Smashing Pumpkins e Hopesfall emergono più volte nel corso dell’opera, sottolineando come il disco sia frutto di una scrittura più concisa e meno sovrastrutturata rispetto agli esordi, nonostante rimanga appunto intatta una certa vena nostalgica e l’occasionale abbandono ad una deriva di riflessione che un musicista come Siegenhort senza dubbio sa come sviluppare. Certi brani finiscono per confondersi un po’ nella tracklist, ma il valore complessivo del lavoro resta fuori discussione, soprattutto se l’ascolto parte da pezzi come “Lake Fantasy” o “Dream Machine”. Insomma, con “Wildhund” i Lantlos non sono certo diventati i Foo Fighters (così come prima non erano mai stati i Dark Funeral), ma al tempo stesso questo resta un album di rottura, al cui confronto i temi di “Melting Sun” sanno di profonda magniloquenza metallica. Vedremo quale sarà l’approdo e come verrà accolta questa nuova “macchina del sogno”: intanto, coloro alla ricerca di un sound energico e spontaneo di matrice alternative, potrebbero trovare qui uno dei loro dischi dell’estate.