7.5
- Band: LAST IN LINE
- Durata: 00:58:23
- Disponibile dal: 19/02/2016
- Etichetta:
- Frontiers
- Distributore: Frontiers
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L’esordio dei Last In Line avviene in un momento difficile e velato di tristezza in quanto a pochi giorni dalla pubblicazione di questo “Heavy Crown”, la band viene segnata dall’improvvisa scomparsa del bassista Jimmy Bain (Rainbow, Dio) all’età di 68 anni. Un colpo tremendo che rende emotivamente pesante l’accoglienza sul mercato di questa band, formata da grandi stelle del panorama rock ed heavy metal che, cantante a parte, hanno tutte militato alla corte del compianto Ronnie James Dio. I nomi coinvolti sono Vivian Campbell, attuale chitarrista dei Def Leppard, Vinny Appice (Dio, Black Sabbath) ed il vocalist Andrew Freeman. L’album viene aperto da “Devil In Me”, un poderoso mid tempo epico ed evocativo che a livello di riff può vagamente ricordare “Straight To Your Heart” dei Dio. Al microfono Freeman, più che rifarsi all’ex folletto di Elf e Rainbow, assomiglia per timbrica a Tony Martin, altro ex Black Sabbath che ha scritto pagine importanti della storia della formazione inglese. Con “Martyr” si pesta l’acceleratore, una bordata heavy metal anni Ottanta in cui Vivian Campbell ci regala ritmiche ed assoli veloci e di gran gusto, proprio come ai tempi dei primi dischi alla corte del grande Ronnie James. E’ proprio Cambpell a dare una marcia in più a questo lavoro, molti brani ovviamente suonano in modo derivativo, ma la sua performance alza esponenzialmente il livello della band: la sua classe non solo è rimasta immutata, ma negli anni ha subito una forte crescita in termini di qualità e tecnica. Altro mid tempo con “Starmaker”, un pezzo più standard che si lascia ascoltare, ma non possiede lo stesso tiro dei precedenti. Ancora richiami ai Dio con “Burn This House Down”, che non sfigurerebbe su un disco della formazione inglese, in cui strofe quadrate lasciano spazio ad un ponte incalzante dove le linee vocali possono esprimersi in tutta la loro magnificenza. Gli anni Ottanta tornano ad alta velocità, “I Am Revolution” spara riff su riff senza sosta, il ritornello corale entra in testa sin dal primo ascolto. Grande lavoro alla batteria da parte di Vinny Appice, il suo drumming negli anni è diventato un marchio di fabbrica, forte e preciso, potente come un cannone durante le rullate, a conferma di un musicista che nonostante il trascorrere del tempo non mostra cedimento alcuno. I riff iniziali di “Already Dead” richiamano alla memoria “Stand Up And Shout”, ma il pezzo prosegue e si evolve a modo suo, sempre diretto e tirato nelle strofe, magniloquente e groovy nel refrain. L’ascolto prosegue con uno degli episodi più melodici ed orecchiabili dell’intero lavoro: “Curse The Day” gioca su trovate radiofoniche molto valide. Nonostante ci avviciniamo alla fine di “Heavy Crown”, c’è ancora spazio per grandi canzoni, “Orange Glow” su tutte riuscirà ad incendiare i fan durante i concerti. La produzione del disco è stata affidata all’ex Dokken Jeff Pilson, che ha fatto un lavoro encomiabile, rendendo la prova in studio dei Nostri molto attuale a livello di suoni. I Last In Line, che ricordiamo essere nati da una jam improvvisata nel 2011, hanno dimostrato di possedere tutte le carte in regola per diventare una band di prim’ordine, non siamo di fronte ad un progetto nostalgico di tributo ai Dio, le canzoni possiedono anima e carattere.