6.5
- Band: LEAVES' EYES
- Durata: 00:59:47
- Disponibile dal: 22/04/2011
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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La scoperta dei propri antenati, le antiche leggende e storie scandinave devono essere un qualcosa che affascina particolarmente Liv Kristine e i suoi Leaves’ Eyes. La bella e brava cantante norvegese infatti, tralasciando il debutto “Lovelorn”, che ha soltanto sfiorato certi argomenti, ha letteralmente impregnato la musica dei Leaves’ Eyes della cultura antica del suo popolo e di altri limitrofi non solo a livello lirico, ma anche dal punto di vista grafico, estetico e, per quanto possibile, musicale. Il nuovo “Meredead” si muove appunto su queste coordinate, facendo un ulteriore passo avanti rispetto al passato con l’utilizzo costante nelle tracce di liriche in inglese antico o norvegese, se non addirittura di pezzi popolari norvegesi (“Kråkevisa” e “Nystev”), rendendo ancor più reale e affascinante questo piccolo viaggio nei meandri della mitologia nordica. Dal punto di vista musicale il quarto capitolo in studio della band multinazionale si concentra sul metal sinfonico già sentito in precedenza, puntando tuttavia su un sound più melodico che limita a poche canzoni le sfuriate estreme e il growl del marito Alexander Krull (Atrocity). Dar spazio alla bellissima voce di Liv Kristine o alle preziose collaborazioni con la sorella Carmen Elise (già nei Midnattsol) e con la connazionale Anette Guldbrandsen si rivela una mossa azzeccata che toglie un po’ di prevedibilità alle composizioni, mentre ciò che non convince del tutto è l’abbondante invasione di influenze folk. L’inserimento all’interno dei brani di strumenti folcloristici (cornamuse, arpa e flauti), è un’idea certamente intrigante, ma purtroppo questi ultimi vengono utilizzati in maniera banale e scontata, con il risultato che le melodie generate sono le stesse delle svariate folk metal band che da qualche anno a questa parte battono la scena. Il songwriting di “Meredead” si mantiene comunque su livelli discreti e chi ha apprezzato la band nelle precedenti pubblicazioni non troverà sorprese negative in questo senso, potendo sempre contare su raffinati arrangiamenti sinfonici, sulle suadenti e ammalianti linee vocali della Espenæs Krull oltre ad una manciata di canzoni; su tutte “Etaìn”, l’ottima “Velvet Heart” e la gradevole cover di “To France” (Mike Oldfield), che finiranno dritte tra i classici della band.