LEAVES’ EYES – The Last Viking

Pubblicato il 28/10/2020 da
voto
6.5
  • Band: LEAVES' EYES
  • Durata: 01:03:48
  • Disponibile dal: 23/10/2020
  • Etichetta:
  • AFM Records
  • Distributore: Audioglobe

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Recensendo il diretto predecessore di questo album ci eravamo domandati quanto senso potessero ancora avere i symphonic metaller Leaves’ Eyes all’interno della scena, ormai orfani della loro iconica vocalist Liv Kristine, in seguito a vicende al limite del tragicomico e sulle quali preferiamo non pronunciarci ulteriormente. Anche il songwriting non si può proprio dire che fosse meritevole di molti elogi, considerando la piattezza abbastanza evidente con cui ci era toccato fare i conti per poco più di tre quarti d’ora.
Ebbene, pare che, almeno parzialmente, la situazione sia tutto sommato migliorata a quasi tre anni di distanza, e ce ne possiamo accorgere sin dal momento in cui l’intro “Death Of A King” lascia spazio alla opener effettiva “Chain Of The Golden Horn”, dal sound estremamente folkeggiante e arricchita da melodie più incisive di quanto ci saremmo aspettati negli attimi precedenti. Il tema centrale sono come sempre i vichinghi, con le attenzioni maggiori rivolte alla figura del re Harald Hardrade in guerra in Inghilterra, e gli inserti in death voice ad opera di Alexander Skrull conferiscono quel retrogusto di Amon Amarth che in questo caso giova non poco al prodotto finito; soprattutto tenendo conto del fatto che Elina Siirala è sì una valida alternativa a chi l’ha preceduta, ma continua a mancare un pochino di personalità, per quanto riguarda timbro, interpretazione e quant’altro. In maniera analoga, tra l’ottima “War Of Kings” e la più malinconica “Black Butterfly”, in cui spicca la presenza in veste di ospite di Clementine Delauney (Vision Of Atlantis, ex Serenity), l’intero arco seguente si dimostra davvero convincente e di buona fattura, arrivando persino a risultare coinvolgente nell’aggressiva “Serpents And Dragons”, che potremmo annoverare senza dubbio tra gli estratti più riusciti dell’album.
Col proseguire della scaletta ci si inizia però a rendere conto del primo difetto principale, che è invero qualcosa di piuttosto diffuso negli ultimi tempi: una durata a dir poco spropositata considerando la tipologia di opera che abbiamo per le mani, per il cui ascolto è necessario ritagliarsi più di un’ora. Il risultato che ne consegue è un livello di entusiasmo che tende ad abbassarsi, così come l’indice di ispirazione generale del songwriting, che in alcuni passaggi risulta essere abbastanza approssimativo e quasi con una funzione da riempitivo. Pur non trattandosi esattamente della classica tracklist che parte bene per poi andare a calare inesorabilmente, risulta difficile non ammettere che nella seconda metà, precisamente dopo la piacevole “For Victory”, si renda necessario fare un po’ di slalom tra gli alti e i bassi – tra cui una festaiola “Varangians”, simpatica seppur un po’ stucchevole, e una “Night Of The Ravens” anche troppo simile a buona parte del repertorio dei finlandesi Nightwish. A tal proposito, tanto per menzionare un’altra scelta relativamente inflazionata ultimamente, la posizione conclusiva è occupata da una lunga suite di oltre dieci minuti in veste di titletrack; purtroppo non esattamente una delle migliori, poiché non si percepisce una ragione valida a livello di coinvolgimento e variazione sul tema che ne giustifichi la durata, il che per l’appunto è esattamente il medesimo discorso che potremmo fare per l’intero pacchetto.
A tutto questo si aggiunge il secondo, evidentissimo problema, ovvero una ridondanza piuttosto marcata delle soluzioni utilizzate, che pur essendo state impostate con maggiore cura in alcuni casi rispetto ad altri, tendono a dare a questo “The Last Viking” un senso che scavalca la coerenza, finendo direttamente in una sorta di riciclo delle proprie trovate, più o meno vincenti.
Torniamo quindi a porci la medesima domanda cui alludevamo all’inizio: hanno ancora senso i Leaves’ Eyes ora come ora? La risposta non può che essere una sola: dipende! Perché a prescindere dai vari discorsi che verrebbe spontaneo fare, l’interesse verso questa band è da commisurare sulla base della percezione singola di chi decide di approcciarvisi; alcuni dei quali troveranno sicuramente più di una ragione per continuare a dedicare le proprie attenzioni a questo combo dalla nazionalità mista, mentre altri rivolgeranno con somma facilità lo sguardo e l’udito verso altri lidi in cerca di qualcosa di più fresco e permeo di anima. Noi stiamo esattamente nel mezzo, poiché riteniamo che di qualità ancora ce ne sia, ma forse è il caso che la band inizi a riflettere su quale possa essere un vero modo per rilanciare la propria arte.

TRACKLIST

  1. Death Of A King
  2. Chain Of The Golden Horn
  3. War Of Kings
  4. Black Butterfly
  5. Serpents And Dragons
  6. Dark Love Empress
  7. Two Kings One Realm
  8. For Victory
  9. Varangians
  10. Serkland
  11. Night Of The Ravens
  12. Flames In The Sky
  13. Break Into The Sky Of Aeon
  14. The Last Viking
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