6.0
- Band: LEGENDRY
- Durata: 00:43:33
- Disponibile dal: 27/10/2023
- Etichetta:
- No Remorse Records
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Chi è nel giro della new wave of traditional heavy metal probabilmente ha sentito parlare dei Legendry, terzetto di Pittsburgh cresciuto a Manilla Road e Dungeons & Dragons. I nostri, in giro dal 2016, con “Time Immortal Wept” giungono alla sesta prova in studio con una formula abbastanza particolare di epic e heavy, dandoci l’impressione di voler narrare l’heavy metal come se fosse una partita, appunto, a qualche gioco di ruolo da tavolo.
Il concept dietro a cui ruota il tutto è legato a “The Heartwarrior Circle”, un racconto scritto dalla band in puro stile cappa e spada, che ci viene subito introdotto dalla prima “The Bard’s Tale”, intro presente anche sul precedente “The Wizard And The Tower Keep” (il quale comunque proseguiva la storia narrata).
Da subito risaltano due caratteristiche: la presenza del sintetizzatore stile dungeon synth e la voce sporca, nasale ma altisonante, di Vidarr The Silent, di fatto colui che si occupa di tutta la parte non elettronica della musica. Emerge però sin da subito anche un problema enorme con la produzione del disco: nonostante sia stato prodotto e masterizzato dall’ormai onnipresente Arthur Rizk, il risultato non è come ci si aspetterebbe, con un missaggio che asciuga molto i bassi nelle canzoni e non ne mette in risalto le caratteristiche peculiari.
Un esempio calzante di quanto appena scritto è “Warrior Of Space And Time”, che con una produzione più altisonante sarebbe risultato un brano probabilmente più digeribile, anziché voler riprendere in mano praticamente la produzione stile “Crystal Logic” dei Manilla Road.
Le sfuriate heavy/power della band faticano quindi a coinvolgere l’ascoltatore, che, a meno non sia un fan sfegatato di questi tipi di esperimenti, si troverà ben presto spiazzato e anche un po’ annoiato: “Chariots of Bedlam”, caratterizzata da un buon uso dell’hammond, è probabilmente l’unico pezzo che svetta sugli altri, con un ritornello quasi gospel e il suo ritmo cadenzato.
A chiudere l’album c’è la title-track, che dura ben undici minuti: ne abbiamo visti di dischi che chiudevano i concept con delle suite, ma anche in questo caso i Legendry finiscono per suonare una bella canzone con mezzi insufficienti per caratterizzarne le peculiarità, cioè il mix di sintetizzatori, violini e flauti che rende la traccia ricca di spunti.
Il mordente c’è, e non abbiamo dubbi che dal vivo i Legendry siano anche un bel gruppo da sentire, ma su disco ci sarebbe voluta decisamente una produzione più adeguata, capace di poterci trasportare senza problemi nella terra fantastica di Eyrn descritta dalla band. Questo tipo di opere di rievocazione soffre del fatto che si rivolgono a una ridottissima nicchia all’interno di un’altra nicchia: quella dei fan dell’epic metal, i quali, in un periodo dove questo genere è tornato a regalarci perle non da poco, con una produzione sicuramente migliore di quella di “Time Immortal Wept”, torneranno ad ascoltarsi Visigoth ed Eternal Champion.
Speriamo che la band di Pittsburgh cambi marcia con il prossimo lavoro in studio, perché le potenzialità ci sono, ma restano davvero sottotono.