6.5
- Band: LEGION OF THE DAMNED
- Durata: 00:45:01
- Disponibile dal: 07/01/2014
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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L’eclettismo non è certo la dote principale dei Legion Of The Damned. Gli album pubblicati sinora, compreso il nuovo “Ravenous Plague”, del resto parlano chiaro: songwriting che più diretto non si può, variazioni minime, fedeltà alla causa thrash (con sparuti elementi death) a dir poco inamovibile. Nati dalle ceneri degli Occult nel pieno del revival thrash metal dei primi anni Duemila, i Nostri sono diventati quasi subito un nome di sicuro affidamento per tutti i fan di quel metallo semplice e da headbanging che regolarmente spopola soprattutto nel territorio tedesco. La capacità di saper scrivere buone canzoni ha talvolta fatto uscire il gruppo olandese dalla ristretta operazione di revival/retromania per pochi, proiettandolo su palcoscenici più prestigiosi, ma alla lunga il ruolo dei Nostri si è ben delineato: i Legion Of The Damned non saranno mai dei leader; piuttosto, è il caso di vederli come quella realtà esperta in grado di consolidare una scena senza ricorrere ai cosiddetti salti mortali. Una figura come quella dei vicini di casa Dew-Scented, per fare un esempio restando in ambito thrash-death: una band in giro da una vita che puntualmente sforna dischi, appaga i fedelissimi e mantiene viva la fiamma. Questo preambolo per dire che ormai è oggettivamente difficile sorprendersi all’ascolto di una nuova opera dei Legion Of The Damned: “Ravenous Plague” è anzi forse il platter più prevedibile della storia del quintetto. Ascoltando il disco, vengono subito a galla sia qualche autocitazionismo di troppo, sia i limiti intrinseci di una formula – Slayer + Kreator – che ormai è davvero stata esplorata in lungo e in largo. Un brano come “Morbid Death”, ad esempio, è una plateale fiera della banalità, tra titolo e riff. Ciò nonostante, è altrettanto vero che si rintracciano anche i soliti buoni numeri di marca LOTD: come accennato, il gruppo ha quasi sempre goduto di innata competenza e di un’ispirazione almeno discreta e quindi anche qui è possibile scovare dei frutti apprezzabili. In particolare, Maurice Swinkels e soci continuano a dimostrarsi abili nel costruire chorus che risultino di facile presa anche in un contesto estremo. Là dove manca quel dinamismo tipico di giovani come Violator o National Suicide, si percepisce insomma lo sforzo per caratterizzare un minimo i singoli brani e per rendere la tracklist un pelo più digeribile. Chiaramente, si tratta di dettagli che solo i veri conoscitori dei Legion Of The Damned saranno in grado di riconoscere, tuttavia è giusto sottolinearli. “Ravenous Plague”, in definitiva, è dunque l’ennesimo solido mattone di una carriera onesta e ormai a dir poco avviata: un tipico album per fan, sempre più volto a consolidare più che ad esplorare.