7.5
- Band: LENG TCH'E
- Durata: 00:30:00
- Disponibile dal: 16/02/2004
- Etichetta:
- The Spew Records
Spotify:
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Tornano all’attacco i pazzoidi belgi che rispondono al nome di Leng Tch’e e che già avevano allietato le orecchie degli intenditori di buona musica con il precedente “Death By A Thousand Cuts”. Il nuovo “Manmadepredator” segue il tracciato disegnato dal suo predecessore, rallentandone di poco l’andatura e prediligendo movenze cadenzate ed un groove più insistente. Ovviamente si parla sempre di brutalcore decisamente virato al grind e ci si sollazza con urla belluine e chitarre ruggenti, ma le differenze, per quanto non sostanziali, tra i due parti dei Leng Tch’e si sentono. Si diceva di una maggiore predilezione per i momenti “mosh” di questo “Manmadepredator”, che in effetti mette in luce il lato maggiormente vicino all’hardcore della formazione belga, rinunciando spesso alle sfuriate incontrollate in favore di un approccio più ragionato ed incisivo. La qualità delle composizioni è decisamente alta ed il riffing piuttosto ben congegnato (si senta ad esempio la bella e cadenzata “Sleazebag”) e l’album potrebbe, senza voli pindarici clamorosi, essere messo a fianco del nuovo Waco Jesus tra le migliori proposte brutal/grind del periodo. Citazione obbligatoria per i testi sempre più iper-realisti e nella maggior parte dei casi piuttosto interessanti. Inizio d’anno positivo, dunque, per gli amanti della musica di classe che, oltre al debutto dei Malkavian, presto recensito su queste pagine, possono godersi anche gli ottimi Leng Tch’e, che con il prossimo album potrebbero puntare alla consacrazione definitiva.