7.0
- Band: LENG TCH'E
- Durata: 00:36:37
- Disponibile dal: 22/07/2005
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Self
Spotify:
Apple Music:
Razorgrind è un termine che alla maggior parte di voi non dirà niente, o tutt’ al più farà pensare ad un tipo di grindcore particolarmente tagliente ed affilato. Non c’è bisogno invece di spiegarne i lsignificato a coloro che già conoscono i belgi Leng Tch’e, in quanto la loro musica è già piuttosto esplicativa a questo proposito. I belgi, scoperti a loro tempo dall’etichetta indipendente italiana The Spew Records, sono una creatura di Sven degli Aborted che qui sfoga i suoi istinti più immediati e sanguinari. Firmato un deal per la prestigiosa Relapse, i nostri danno alle stampe questo “The Process Of Elimination”, composto da ventiquattro schegge impazzite a cavallo tra grindcore, crust, hardcore e death metal. Non inventano niente i LengTch’e, ma la proposta è talmente convincente e ben suonata da sembrare quasi innovativa. La parte del leone la fa ovviamente il grindcore, quello degli esordi del genere, quando era ancora considerato una frangia violentissima e deviata dell’hardcore. Brani come “Bobby-Joe’sSlumber Party” o “Don’t Touch My Spandex” sono lì a dimostrare quanto appena detto. Non mancano neppure gli attacchi alla società e al potere tipici dell’hardcore, che viaggiano a braccetto con un sense of humor irrispettoso e dissacrante. Di death metal si può parlare soprattutto alivello di vocals: il nuovo entrato Boris infatti utilizza maggiormenteil growling rispetto al suo predecessore, dando così un ulteriore strato di lettura alla musica della band. Echi di Extreme Noise Terror e Napalm Death quindi si mischiano insieme a quelli delle new sensation del grind, Nasum su tutti, dando vita ad una devastazione sonora davvero ottima. Le chitarre sono assolutamente crunchy, i ritmi dettati da Sven sono semplici ma sostenuti e dinamici, come nella migliore tradizione grind. Insomma, i Leng Tch’e non si smentiscono e riescono a tirare fuori dal cilindro un altro buon album che però non è ancora quello definitivo: si ha la sensazione che alla band manchi ancora quel quid che serve per sfondare, ma la strada è quella giusta. Buon album, sicuramente non indispensabile, ma assolutamente divertente e trascinante.