LENTO – Icon

Pubblicato il 25/03/2011 da
voto
6.5
  • Band: LENTO
  • Durata: 00:37:00
  • Disponibile dal: 30/03/2011
  • Etichetta:
  • Denovali Records

Spotify:

Apple Music:

Per amor di patria bisogna apprezzare i Lento, e riconoscere alla band romana i propri meriti. Il quintetto capitolino porta avanti con convinzione e dedizione la torcia del post-metal in Italia di cui è, senza ombra di dubbio, la band leader. Nessun’altra band del Bel Paese ha saputo – fin ora – lavorare e malleare doom metal, hardcore e ambient in maniera così appropriata entro i confini della Penisola come hanno fatto i Lento. E questo nuovo “Icon” riconferma – e rilancia anche – lo status di leader della band romana in questo micro-mondo heavy sperimentale italiano, perché a conti fatti, “Icon” è un disco molto ben assemblato, ottimamente arrangiato e perfettamente eseguito, sospinto, proiettato in avanti e sostenuto dai soliti riff monumentali, crescendo esponenziali e interludi ambient per i quali i cinque romani sono ormai famosi. Un album insomma che ha tutte le carte in regola per essere esportato con onore e orgoglio in territori – soprattutto anglosassoni – in cui il genere ha più trazione che da noi. Questo è un preambolo doveroso che va fatto ad un album che si difende bene dall’inizio alla fine ed è realizzato da una band che mostra di credere nei propri mezzi e di averne anche buona padronanza. Ciò detto, è ora necessario parlare della musica che questo “Icon” ci propone e delle sensazioni che evoca, anche in riferimento al contesto più ampio del metal sperimentale underground transalpino e oltre. Si è parlato poc’anzi dei “soliti” crescendo, wall of sound travolgenti, riffoni monolitici, e interemezzi ambient intrippanti che la band ripropone: “soliti” perché i Lento, anche questa volta, ci sono ricascati, e si sono riaccodati alla fila degli imitatori/inseguitori (di lusso, ma sempre di imitatori stiamo parlando) piuttosto che a quella dei leader (anche solo nelle intenzioni, andrebbe benissimo). La band ha di nuovo optato per il riutilizzo di formule pionerizzate (invero anch’esse di discendenza Neurosis e Swans, ma reinterpretate in chiave de-punkizzata) ormai un decennio fa dagli ISIS, dai Mare, dai Cult Of Luna, dai primi Pelican e dai Godspeed You! Black Emperor. Chitarroni ribassati (spesso coadiuvati da ampli ed effetti vintage) che si muovono all’unisono, riffoni monolitici, giri post-tortoiseggianti ipnotici e melmosi, e interludi noise-ambient alla Dead Can Dance, sono tutte formule strasentite, strautlizzate ed estremamente inflazionate ormai, il cui uso è ormai diventato tanto seducente  (ammettiamolo, i metallari intellettualoidi vanno pazzi per questa roba) quanto rischioso. Un’arma a doppio taglio che al momento di essere brandita, se non viene anche arricchita ed espansa da un background personale riconoscibile e da idee nuove, ha la tendenza ad omologare ed omogenizzare il sound di chi si avventura in questo genere a quello di un mondo heavy/trasversale sempre più sovrappopolato. Se non si corre ai ripari apportano elementi di rottura e di “personalizzazione” propri ed unici, la seduzione del suono neurosisiano/isisiano rischia di ingoiare tutto invece di diventare una piattaforma di lancio per far brillare nuove stelle. In “Icon” questo slancio di “rottura” sembra non essere presente, e l’album di conseguenza sembra voler affidare tutte le frecce nella propria faretra ai tre chitarroni lanciati all’unisono nella costruzione di montagne di riff colossali e breakdown ambient stranianti e oscuri, che senz’altro il loro effetto “impattante” immediato lo hanno, ma che poi nella visione di insieme ha anche l’assordante rumore di una monolitica zuppa riscaldata, già sentita, e dalla prevedibilità insidiosa. Come detto in apertura il tutto è molto ben impacchettato, con tutte le varie parti e componenti ben incastrate al proprio posto, egregiamente eseguito, e dall’impatto veramente notevole. Ma è sufficiente tutto ciò ad elevare le sorti di una scena Italiana che al livello più sperimentale dimostra un evidente interesse in sonorità estreme, ma che poi per metterle in pratica (intimorito, pigro?) si fa poi sistematicamente prestare il cervello da altri? La definitva band post-rock/metal italiana deve ancora – speriamo – arrivare, e se sono i Lento, con “Icon” stanno solo prendendo tempo. Speriamo bene, per ora però nessuno è riuscito a fare di meglio (neanche del precedente “Earthen”), ma è pur sempre una magra consolazione.

TRACKLIST

  1. Then
  2. Hymn
  3. Limb
  4. Hymen
  5. Still
  6. Throne
  7. Least
  8. Dyad
  9. Icon
  10. Admission
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.