7.0
- Band: LES DISCRETS
- Durata: 44:10
- Disponibile dal: 21/04/2017
- Etichetta:
- Prophecy Productions
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“I discovered when we suffer, we suffer as equals. And in their capacity to suffer, a dog is pig, is a bear… is a boy” (dal discorso di Philip Wollen da “Animals Should Be Off The Menu”, contenuto nell’iniziale titletrack). Noi siamo i nostri stessi predatori. Sembra dirci questo Fursy Teyssier, questa volta, nel suo nuovo lavoro a nome Les Discrets. “Prèdateurs” è un album sulla perdita: perdita della bellezza; dell’empatia; della consapevolezza di vivere in un pianeta che pian piano viene divorato dalle avide fauci dell’essere umano. “Prèdateurs” è anche un disco notturno, come dice il suo autore: la colonna sonora di un viaggio in treno e di ciò che vi è al di là del vetro. Il post-rock tinto di venature sporadiche atmospheric black del primo “Septembre et Ses Dernières Pensées” del 2010 lascia qui spazio a sonorità più soffuse e meditabonde, di scuola quasi trip hop. Difficile non rimanere spiazzati da questa virata, più di primo ascolto che di effettiva portata alla lunga, in cui sembra che i francesi abbiano fatto il passo più lungo della gamba. Dopo numerosi ascolti, però, “Prèdateurs” rivela tutto il suo percorso stilistico: l’album è infatti stato registrato nel 2015 e mixato nel 2016, con una gestazione decisamente meditata. Se è vero quindi che l’elettronica fa capolino in ampia maniera – cosa ormai di moda quasi in ogni genere musicale – è altresì vero che la parte ‘musicata’ ha ancora dalla sua l’impatto principale. Le melodie oscure e l’atmosfera spettrale tipica dei francesi rimane comunque il tassello fondamentale su cui il terzo album dei Les Discrets traccia le sue coordinate principali, e i connotati tipici del progetto di Teyssier impattano sempre sui medesimi terreni. “Les Amis De Minuit” offre infatti una delle prove sia più significative che più emblematiche per le caratteristiche principali della band di Teyssier: arpeggi eterei ed ipnotici, voci poetiche e andamento soffuso e spettrale. Se con “Ariettes Oubliées…” il sentore di già sentito stava diventando più profondo del necessario, seppur ampiamente soddisfacente, sembra che con “Prèdateurs” i Les Discrets abbiano scelto quello che poteva fare in modo di ridestare un certo interesse in favore della loro originalità, riuscendo nell’intento di risultare maturi, autentici e offrenti un nuovo album profondo e sofferto. Se Neige e i suoi Alcest si sono direzionati sullo shoegaze più etereo, qui, la band di Teyssier decide di andare su qualcosa di ancora più distante, pur mantenendo l’andamento a loro più caratteristico, ampiamente contraddistinto da una vena lirica ancora una volta fondamentale per apprezzare appieno il valore della musica dei ragazzi di Lione (essenziale il rimando a Victor Hugo di “Je respire ou tu palpites” nella sensuale “Fleur Des Mureilles”). “Vanishing Beauties” e i rintocchi di tastiera/clavicembalo restano momenti decadenti e maudit di un certo immaginario francese e aleggiano come fantasmi nella discografia dei Les Discrets in un album certamente non per tutti, come il progetto in sè, ma capace di affermare ancora una volta la validità di questo progetto.