7.0
- Band: LETHE
- Durata: 00:58:08
- Disponibile dal: 24/02/2017
- Etichetta:
- My Kingdom Music
- Distributore: Audioglobe
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I Lethe prendono vita dall’incontro di due artisti che possono vantare un interessante curriculum: da un lato, Tor-Helge Skei, polistrumentista norvegese già noto per il suo passato nei Manes, dall’altro Anna Murphy, cantante di origine elvetica che ha militato negli Eluveitie e che ricordiamo anche per l’ottimo lavoro nei Nucleus Torn. Da questa simbiosi artistica non poteva che nascere qualcosa di bizzarro, fuori dagli schemi e lontano dalle regole. Il risultato è questo nuovo progetto, denominato Lethe, che ci presentano “The First Corpse On The Moon”, un album costruito dai due musicisti con l’aiuto di numerosi ospiti e strumentisti. Quasi impossibile catalogare la proposta della formazione: l’ossatura delle composizioni nascono dall’avantgarde metal, ma su di essa si appoggiano le più disparate influenze, che comprendono il trip-hop, l’elettronica, l’art-rock fino a qualche delicato sprazzo pop. Non è un lavoro facile da interpretare: la totale assenza di limitazioni fa sì che le canzoni prendano forme e colori inaspettati, con stili che si fondono, si frantumano e destabilizzano l’ascoltatore, portandolo in un mondo dove, in un senso o nell’altro, è difficile rimanere indifferenti. Non ci stupirebbe sapere di reazioni diametralmente opposte in seguito all’ascolto di “The First Corpse On The Moon”, tra chi vedrà in esso lampi folgoranti di genio e chi lo considererà un guazzabuglio confuso di stimoli intricati e talvolta inintelligibili. Giusto per dare un’idea della tavolozza usata dai due per dipingere la loro arte, “Night” apre le danze con chitarre elettriche nervose che si incastrano con il pianoforte, che dà un taglio più dolce alla composizione, mentre la voce ipnotica di Anna ammalia l’ascoltatore. Da qui parte un caleidoscopio di immagini e suoni, a volte riusciti, a volte meno: “Inexorbitant Future” lascia straniti con la sua trama melodica e ritmica frammentata; “Down Into The Sun” si tuffa con efficacia nel trip-hop, lasciando comunque in primo piano le chitarre mentre fa capolino perfino una parte di cantato rap; “My Doom” gioca sugli intrecci vocali maschili e femminili con un attento uso dell’elettronica; mentre “With You” sfoggia un inaspettato potenziale pop, senza essere banale. I brani migliori, comunque, ci sembrano la title track, eterea e ariosa, che richiama certe composizioni degli ultimi Anathema, e il brano conclusivo “Exorcism”, una nenia delicata sorretta da un bel fraseggio di pianoforte, che poi si muta in qualcosa di inquieto, con dissonanze ed interferenze ad agitare il sogno evocato nella prima parte del brano. Sono numerosi gli spunti che ci lasciano i Lethe e l’intero album risulta meritevole, nonostante in qualche passaggio rimanga la sensazione di un eccessivo intellettualismo che appare un po’ forzato. Le basi per una crescita ci sono tutte e confidiamo che il prossimo lavoro possa sancire la definitiva maturità.