7.0
- Band: LIKE A STORM
- Durata: 00:48:00
- Disponibile dal: 24/02/2015
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Universal
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Tra i vostri interessi su Facebook ci sono il rock mascellone a stelle e strisce, la macedonia al kiwi e la natura incontaminata del Signore degli Anelli? Se avete risposto sì a tutte e tre le domande, probabilmente non faticherete ad entrare in sintonia con i Like A Storm, formazione originaria di Auckland, Nuova Zelanda, ma emigrata in Nord America nel 2009 per seguire le proprie orme musicali. Dopo una gavetta decisamente sopra le righe – culminata con due release indipendenti atterrate nelle chart US, impresa mai riuscita ad un gruppo neozalendese, e tour di spalla ai vari Creed, Shinedown, Puddle Of Mudd, Staind, Drowning Pool, Alter Bridge, e via rockeggiando -, la band dei tre fratelli Brooks viene finalmente notata dalla Century Media, sotto la cui egida vede ora la luce questo “Awaken The Fire”. Come prevedibile, quella che ci troviamo tra le orecchie è una selezione delle migliori tracce indipendenti, opportunamente tirate a lucido da una produzione anabolizzata, con l’aggiunta di quattro nuovi pezzi, registrati per l’occasione. Musicalmente parlando, per chi non avesse avuto il piacere di sentirli, i Nostri si muovono su quelle coordinate hard-rock/post-grunge/nu-metal tipiche delle band citate sopra – cui aggiungiamo, per dovere di cronaca, i vari Papa Roach, Three Days Grace, 3 Doors Down, Pop Evil, Seether, Saliva, Skillet…-, con però un gusto compositivo superiore alla media del genere, e il non trascurabile elemento di novità costituito dall’utilizzo di strumenti tradizionali come il didgeridoo, in grado di garantire un tocco di esotismo in più. E’ così che ‘entrance themes‘ come “Chaos”, “Love The Way You Hate Me” e “Become The Enemy” prendono il volo come un moonsault dalla terza corda, accompagnati da soffici ballate come “Break In” e “Southern Skies”, secondo la migliore tradizione del cowboy, ben rappresentata anche dal tocco bluesy della più particolare “Wish You Hell”. Menzione a parte, oltre che per la cover di Coolio e della sua “Gangsters Paradise”, per la conclusiva “Nothing Remains (Nihil Reliquum)”, con tanto di intermezzi ecclesiastici (papali ?) in latino / italiano. Peccato per un paio di pezzi in tono minore – “Never Surrender”, praticamente un outtake dei Papa Roach, e la fin troppo scontata ballad “Ordinary” -, ma nel complesso l’esordio discografico su major del terzetto neozalendese risulta un ottimo prodotto per tutti gli appassionati delle band sopra citate.