LINKIN PARK – Hybrid Theory

Pubblicato il 21/05/2014 da
voto
8.5
  • Band: LINKIN PARK
  • Durata: 00:37:52
  • Disponibile dal: 24/10/2000
  • Etichetta:
  • Warner Bros
  • Distributore: Warner Bros

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Siamo agli albori degli anni 2000, una decade che è stata, innegabilmente, un punto di grande cambiamento sotto innumerevoli aspetti, sia in abito culturale che musicale. Assistiamo ad un nuovo modo di fare musica, unendo e mescolando sonorità apparentemente antitetiche e discordanti in una nuova forma che, come la storia ci insegna, ha avuto un successo senza precedenti. Se il filone del cosiddeto nu-metal ha iniziato ad acquisire una forma vera e propria verso la fine degli anni ’90 del secolo scorso, grazie a band quali Korn, Deftones e Limp Bizkit, è con i Linkin Park che abbiamo la prima vera e propria esplosione commerciale del genere (in termini di mainstream assoluto). Se sieti dei metalhead duri e puri, probabilmente avrete già abbandonato la lettura ma, per quanto questo possa dispiacerci, noi andiamo avanti. Questo loro debut, dicevamo, è riuscito nella ragguardevole impresa di polverizzare tutti i record di vendite per un genere non certamente da alta esposizione come il nostro, con quelle sue 27 milioni di copie vendute (dato, questo, che lo rende l’album di debutto di maggiore successo per una singola band del XXI secolo, mica noccioline!). Non ci poniamo l’ambizioso progetto di fare un excursus sulla storia del nu-metal in questa sede, sarebbe pretenzioso e fuori luogo. Cerchiamo invece di analizzare le motivazioni che hanno portato questi cinque giovani Losangelini a diventare una delle band più note e chiacchierate della storia recente, e del perchè questo album in particolare sia un must per ogni amante della musica ‘heavy’. Iniziamo subito col dire, ma questo lo si sapeva già, che i Linkin Park non hanno inventato nulla. Stilisticamente, la band di Santa Monica ha attinto qua e là da altre realtà già precedentemente esistenti. Non sono stati la prima rock band ad avere tra le proprie fila un DJ, né, tantomeno, i primi a mescolare rap, scream e voce pulita. Però sono riusciti nell’intento finale di confezionare un prodotto fresco, vivace, variegato e contaminato quanto basta da piacere (quasi) a chiunque. Uno sguardo più approfondito risulta d’obbligo. Cominciamo subito con, a parere di chi scrive, la traccia più completa del lotto, “Papercut” (nonché uno dei quattro singoli estratti dall’album): tale episodio ha tutto ciò che qualifica i Linkin Park in positivo: il flow dell’MC Shinoda, cadenzato e accattivante; l’elettronica sinuosa del DJ Hahn; e in più, il fondamentale apporto della grandissima ugola di Chester Bennington, probabilmente l’elemento che ha reso, da sempre, la band americana immediatamente riconoscibile. Il pezzo s’insinua subito nella nostra testa, e lì ci resterà per un bel po’. Succedono nell’ordine “One Step Closer”, altro singolone super groovy, cattivo e catchy quanto basta da farci saltellare su e giù per la stanza come dei quindicenni, “With You”, pezzo indiscutibilmente crossover caratterizzato dal sapiente uso dello scratch di Mr. Hahn, e “Points Of Authority”, altra bomba incredibile, talmente perfetta nella sua semplicità da risultare fresca e ficcante ancora oggi. Il resto della tracklist si muove sulle stesse magistrali coordinate, regalandoci un numero davvero impressionante di piccole perle (“Crawling”, “A Place For My Head”, “A Cure For The Itch”) e, su tutte, la nu-metal ballad “In The End”, sicuramente il loro pezzo più famoso di sempre e sul quale, per via di questo suo status, non ci dilungheremo oltre (a meno che non abbiate vissuto sotto una pietra tutti questi anni, conoscerete questa traccia a menadito). La carta vincente dei ragazzi (nonché l’aspetto che li ha resi commercialmente ben più friubili anche per il volgo, e non lo diciamo certo con sufficienza) è stata la capacità, rispetto alle altre compagini nu dell’epoca, di dare un tono suadente e soft alle proprie composizioni (è impossibile, per un orecchio attento, non notare aleggiare lo spettro dei Depeche Mode in certe melodie). Si potrà essere discordi su tutto quanto scritto in queste poche, precedenti righe, ma sicuramente questo album rappresenta una grossa fetta del modo di concepire la musica nel decennio passato, un modo fatto di contaminazioni cross-genre, di sperimentazione e di coraggio. Poco importa se la band di Los Angeles non abbia saputo mantenere la stessa qualità artistica nelle successive release (il che si è rilevato uno scempio di potenziale, ma non è compito nostro disquisire di ciò in questa sede). In molti considerano il nu-metal, in fin dei conti, la più grande scossa stilistica che ci sia stata all’interno del genere da noi prediletto nelle ultime decadi e noi, per le motivazioni sopra elencate, non possiamo che condividere. Non ci sarà la classe dei grandi nomi del rock, né tantomeno la tecnica alla quale si è abituati all’interno di questa rubrica, ma i ragazzi di certo sanno come scrivere delle gran canzoni. Ed in fin dei conti, non è forse la musica la sola cosa che conta? A nostro avviso la risposta non può che essere sì, per buona pace dei tVue metaller e dei puristi più raffinati del genere.

TRACKLIST

  1. Papercut
  2. One Step Closer
  3. With You
  4. Points of Authority
  5. Crawling
  6. Runaway
  7. By Myself
  8. In the End
  9. A Place for My Head
  10. Forgotten
  11. Cure for the Itch
  12. Pushing Me Away
4 commenti
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